“Lasci gli Usa”: l’email all’avvocata americana degli immigrati

Invito ad andare via entro 7 giorni, “un errore che desta preoccupazioni, sono nata qui”. Il caso di Nicole Micheroni non è isolato: dalle cronache americane arresti o rimpatri inspiegabili

Ormai sugli immigrati, sui permessi di soggiorno e sui rimpatri negli Usa il clima è davvero pesante. “È arrivato il momento per lei di lasciare gli Stati Uniti, il governo federale la troverà”: questo il contenuto di un’e-mail che Nicole Micheroni, avvocata specializzata nel diritto sull’immigrazione e cittadina statunitense del Massachusetts, ha trovato nella sua casella di posta personale.

A riportare la sua vicenda sono numerose testate locali e internazionali, che inquadrano il caso nell’ambito delle politiche anti-immigrati avviate dall’amministrazione Trump. Queste prevedono arresti e deportazioni – anche di massa – di cittadini stranieri, destando crescente allarme tra i difensori dei diritti civili.

“IL SUO PERMESSO DI SOGGIORNO È SCADUTO”

Micheroni, che per professione presta assistenza legale a immigrati e cittadini non statunitensi, conosce bene queste storie per via del suo lavoro. Ma la settimana scorsa ne è diventata protagonista, suo malgrado. “In un primo momento- ha raccontato ai giornalisti- ho pensato che quell’e-mail arrivasse da uno dei miei clienti. Poi ho letto bene e in effetti era indirizzata proprio a mio nome. Forse, spero, mi è stata recapitata per errore. Ma è un po’ preoccupante che questo genere di cose accada a cittadini degli Stati Uniti”.

A contattare l’avvocata Micheroni è stato il Dipartimento americano per la sicurezza nazionale (Us Department of Homeland Security, Dhs), che le ha intimato di lasciare il Paese “entro sette giorni“, spiegando che il suo permesso di soggiorno era “scaduto”. “Se non lascia immediatamente gli Stati Uniti- si legge ancora nella comunicazione elettronica- sarà soggetta a potenziali azioni legali che comporteranno l’espulsione dal Paese”.

Secondo l’avvocata, si tratterebbe di “una tattica per spaventare le persone. Vogliono che la gente abbia paura di immigrare”.

USA E IMMIGRATI, GLI INSPIEGABILI RIMPATRI FORZATI

Da gennaio, si moltiplicano le storie di migranti o immigrati che vengono arrestati e rimpatriati con la forza dagli agenti dell’U.S. Immigration and Customs Enforcement (Ice), sia che si tratti di persone senza documenti e/o con precedenti, sia chi risiedeva in piena regolarità.

Tra queste, c’è la vicenda di Gladys e Nelson Gonzalez, una coppia di colombiani residente legalmente in California dal 1989. Dopo 35 anni, moglie e marito sono stati rimpatriati in Colombia e ora le loro tre figlie, ormai maggiorenni e nate sul suolo americano, hanno lanciato una raccolta fondi e una campagna mediatica per rimportare i genitori a casa: “Per quasi quattro decenni hanno costruito la loro vita qui, ora vengono trattati come criminali”, ha dichiarato alla stampa una delle sorelle, Stephanie Gonzalez.

Oppure, c’è la vicenda di Lewelyn Dixon, 64 anni, da 50 negli Stati Uniti, arrestata il mese scorso all’aeroporto di Seattle dagli agenti dell’Ice, di ritorno da una visita alla famiglia nelle Filippine. L’Nbc News riferisce che la donna era in possesso della green card.

IMMIGRATI, LA FAMIGLIA CON 4 BAMBINI NEL CENTRO DI DETENZIONE DI FRONTIERA

Le associazioni per i diritti umani avvertono anche potenziali abusi su richiedenti asilo. Oltre alla storia delle deportazioni di massa di migranti irregolari in un carcere di El Salvador, i media statunitensi stanno dando grande risalto anche all’arresto di un’intera famiglia messicana di sei persone, tra cui una bambina di dieci anni che aveva appena affrontato un delicato intervento chirurgico alla testa.

Con il sostegno dell’associazione Texas Civil Rights Project, i genitori hanno trasmesso una denuncia per “gravi violazioni” all’Ufficio diritti e libertà civili del Dipartimento per la sicurezza nazionale, sostenendo che nel centro di detenzione alla frontiera, i due adulti e i quattro minori avrebbero subito “maltrattamenti” e sarebbe stata negata assistenza medica alla bambina appena operata. La coppia inoltre sostiene di aver dovuto lasciare il Messico perché, per loro, “non è un posto sicuro in cui vivere”.