mercoledì, 12 Marzo 2025

Papa Francesco, al Gemelli veglia speciale dal Wojtyla di Pierotti

Ogni giorno la statua di Wojtyla al Gemelli accompagna le notizie su papa Francesco e le preghiere dei fedeli. L’intervista allo scultore che l’ha realizzata

Da rappresentazione della sofferenza e della fede di papa Wojtyla è diventata un altare votivo per papa Francesco. Succede dal giorno successivo al suo ricovero al Policlinico Gemelli, il 14 febbraio scorso. “Non abbiate paura”: così l’artista toscano Stefano Pierotti, citando la messa per l’inizio del pontificato (era il 22 ottobre 1978), ha intitolato la grande scultura di Giovanni Paolo II, che domina il piazzale del nosocomio romano da luglio 2009.

Pierotti ha imprigionato per sempre nel marmo (oltre quattro metri e mezzo scolpiti in un blocco proveniente dalle cave di Carrara) la sofferenza: che l’ha reso prima beato (nel 2011, sei anni dopo la morte) e poi santo, nel 2014. Il capo chino in avanti, il raccoglimento in preghiera, il corpo appoggiato alla croce astile, che per 26 anni è stato il suo pastorale, danno consistenza fisica alla presenza spirituale del Pontefice.

Oggi le parti si invertono: Wojtyla veglia su papa Francesco che lo ha canonizzato in tempi velocissimi. La sua statua è il punto di riferimento dei pellegrini che arrivano al Gemelli a pregare. Ogni collegamento giornalistico inquadra la sua statua, restituisce il suo dolore.

LA STATUA DI WOJTYLA VISTA OGGI DA CHI L’HA CREATA

Wojtyla torna al Gemelli titolarono molti giornali, ricordando i 9 diversi ricoveri (153 giorni complessivi). «Il Papa sarebbe contento di stare giorno e notte in compagnia di chi è ammalato, di chi soffre nella carne e nello spirito, di chi è nell’incertezza circa il proprio futuro, di chi spera e di chi prega» disse il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, all’inaugurazione della statua.

Stefano Pierotti

Che effetto fa per chi l’ha realizzata rivederla ogni giorno circondata da persone in preghiera o da giornalisti?

Stefano Pierotti risponde dal suo atelier di Pietrasanta, dove è nato e lavora.
“Quasi tutte le sere vado a cercare notizie: mi fa piacere – è la vera soddisfazione di un artista – vedere che non inquadrano la finestra ma inquadrano la mia scultura, che è diventata l’icona, un’antenna per le preghiere delle persone”.

Quella con papa Wojtyla è una storia antica. Emozioni che hanno permesso allo scultore di liberare dal marmo – per citare Michelangelo – tutta la sua sofferenza e l’accettazione nella preghiera.
“Il fatto che l’opera sia finita in un luogo di dolore in sofferenza e il fatto che adesso ci sia un Papa che soffre, che lotta per la vita, è diventato appunto un simbolo che ne amplifica ulteriormente il senso”.

MORTO E RISORTO: IL BRONZO DI TOR VERGATA

Pierotti era già stato uno degli artisti protagonisti del precedente Giubileo: suo era il Cristo sofferente, con il costato aperto, simbolo della quindicesima Giornata mondiale della gioventù, a Tor Vergata. Una grande scultura in bronzo vista in mondovisione, oggetto di culto per oltre 2 milioni di fedeli che pregarono insieme a Papa Giovanni Paolo II in quella giornata del 2000. Da quella giornata iniziò a prendere forma l’omaggio a Wojtyla.

“Tutto è iniziato la sera dello scorso Giubileo, quando il Santo Padre ha attraversato la Porta Santa di Tor Vergata. Quel crocifisso era sopra la porta santa: quando il Papa passò mi diede un’emozione che mi ha lasciato il segno”.

Ma un segno altrettanto pesante l’ha lasciato il destino della scultura, ben diverso da quello concordato con Pierotti.

“La scultura fu sistemata nella rotonda, ruotata verso l’autostrada Roma-Napoli che passa vicino: doveva rimanere lì.
Dopo la giornata del Giubileo di Tor Vergata venne smontata e depositata in un cantiere a cielo aperto, che serviva per costruire ponti e strade di quella zona. Però poi in questo cantiere i lavori finirono e la scultura rimase lì, coperta male da un telo di nylon.

A quell’epoca abitavo spesso a Roma, andavo a vedere e mi sembrava assurdo. Ogni tanto scrivevo alle autorità, ma nessuno mi dava ascolto. Un giorno andai a trovare il mio Cristo e lo trovai senza un dito. C’era un bivacco di zingari… Insomma, era il periodo dello scandalo di Ofena, quando non volevano le croci nelle scuole e allora saltò fuori anche lo scandalo del mio Cristo. Enzo Romeo, il vaticanista Rai, fece un servizio e questa scultura venne recuperata e rinchiusa in un container ai piedi di una chiesa di Tor Vergata.

Poi venne installata malamente col dito ancora rotto, tutta sporca, spiovente all’indietro. Le sculture così grandi hanno un punto di vista di osservazione: è stata messa là senza un criterio, senza considerare minimamente l’artista. Così l’8 settembre caricai sull’auto una scala e della vernice e andai a dipingerla tutta di rosso”.

DAL CRISTO DIMENTICATO A WOJTYLA

In qualche modo il Cristo fu ripulito, il gesto del suo scultore perdonato, in qualche modo. E qualche anno dopo il laboratorio di Pietrasanta riprende a lavorare per il Vaticano. Segue emozioni e intuizioni, Pierotti. Perché non conosce la destinazione della statua di Papa Giovanni Paolo II. Ma ha fissa negli occhi l’immagine che ha commosso tutti.

Venerdì 8 aprile 2005 il cardinale Ratzinger celebra i funerali in piazza San Pietro, a Roma ci sono tra i 2 e i 5 milioni di pellegrini. Tutto il mondo con gli occhi su quella semplice bara di legno e quel Vangelo, poggiato sopra, sfogliato da un vento misterioso, quasi mistico.

“Continuavo ad avere quell’immagine delle pagine del Vangelo. Me le sognai più volte, insieme a quelle di questo uomo che si sorreggeva sulla croce e poi, con la forza della fede, spaccava un mondo che sedeva ai suoi piedi. Trascende un po’, supera anche il fatto di essere un’opera d’arte, di cui è quasi diventata un’icona religiosa. Cosa che mi dà anche un po’ fastidio, perché non viene quasi più apprezzato il lavoro artistico: è quasi un santino messo lì, tutti lo pregano. Da una parte mi fa piacere, ma dall’altra, se lo valuto da artista, non è così entusiasmante”.

Intanto ogni giorno l’opera di Stefano Pierotti è meta di pellegrinaggi, pensieri, foto, punti di informazione. Instagrammabile, si dice oggi: il Wojtyla del Gemelli sembra messo lì per unire il cielo e la terra. Per ricordare l’uomo, ma anche e soprattutto la fede.

E lo scultore di Pietrasanta, di cui racconteremo presto anche tante altre opere, sempre di denuncia forte, rappresentando l’uomo ha restituito il trascendente.

“Più della figura del Papa mi aveva colpito questa sua accettazione umana della sofferenza: negli ultimi anni ha dimostrato una forza immensa, che molto probabilmente veniva dalla fede, dalla sua spiritualità. Un uomo forte anche nella sua evidente sofferenza: questo ho visto, questo ho rappresentato”.
Questo ha rappresentato Stefano Pierotti, questo vedono ogni giorno tutti coloro che affidano a Wojtyla la sofferenza di Bergoglio al Gemelli. L’arte si fonde con la fede.

Paola Bottero
Paola Bottero
JOURNALIST, STORYTELLER, VISION MAKER

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