domenica, 9 Marzo 2025

Parthenope

film 136′, 2024, Italia
di Paolo Sorrentino

Confesso il mio imbarazzo.
Mi aspettavo molto da Sorrentino (che ha scritto, diretto, ideato e co-prodotto il film, giusto per essere sicuro del risultato) e dal suo atto di amore verso Napoli: forse per questo ho aspettato tanto a vederlo e poi, quando sono riuscita a farlo, ho aspettato tanto per scriverne. La verità è che, avendo amato molti suoi film, temevo di essere delusa. E infatti.

Parto da ciò che ho amato. Il vento.
C’è e si sente. Se ne coglie persino l’odore pieno di salsedine. Muove le tende, muove i veli. Indugia, colora, sottolinea. Fino a quando diventa uguale a se stesso, troppo. Il che trasforma quelle inquadrature tanto amate (la fotografia è magnifica, anche se la color correction, che è una delle cifre di Sorrentino, ed in Parthenope è ancora più calcata che in altri film) in qualcosa di già visto. Sono arrivata a pensare che venissero riproposte più volte le stesse scene, ma spero davvero che non sia così.

E andiamo al senso del film.
Un’ode alla bellezza? Alla giovinezza? Alle illusioni? Alla libertà? Al desiderio? Al tempo? A Napoli e Capri?

“Il film nasce dall’idea che l’avventura del passaggio del tempo nella vita di un individuo è qualcosa di epico, qualcosa di maestoso, di selvaggio, di doloroso e meraviglioso”: also sprach Sorrentino. Ma la sua idea rimane poco chiara.
Chiaro invece è l’amore che ha per il suo volteggiare da una scena all’altra, da un personaggio all’altro, raccontando e non raccontando, fermando attimi anche troppo lunghi, non risolvendo molte delle domande che porta lo spettatore a porsi.

i personaggi e gli attori di parthenope

La protagonista è molto bella, ma Parthenope/Celeste Della Porta da sola non regge un’architrave che si fatica a capire dove poggi. Anche nella parte finale del film, quando viene interpretata da una pur brava Stefania Sandrelli.

Ci sono personaggi come lo scrittore John Cheever (Gary Oldman), cui Sorrentino fa dire alcune verità assolute e annoiate, che in qualche modo anticipano la trama. Ma sembra inserito nei dehor dei bar e nella terrazza di Capri quasi a forza, fuori contesto.
O il figlio del professor Marotta (Silvio Orlando), “fatto di acqua e sale”. Un idrocefalo obeso abbandonato sul divano “per evocare”. Cosa, bisogna capirlo: Alessandro Paniccia avrà impiegato chissà quanto tempo a farsi preparare per un minuto di girato ed una battuta.
O Luisa Ranieri, la cui Greta Cool tanto ricorda Sophia Loren, anche se, Sorrentino dixit, “La grande Sophia Loren non c’entra niente: Greta Cool è un archetipo, è una donna disillusa, ferita dalla città amata”.

Sorvolo sulle scene di sesso, che non mancano. Sono rappresentazioni, probabilmente con significati oscuri difficili da comprendere. Ma anche quelle sono appese là: a parte la prima, la prima esperienza sessuale di Parthenope, sembrano puro esercizio di stile e di tecnica. Sensazione che appartiene anche ad altre scene.

Discorso a parte merita Flora Malva, nota attrice a cui si rivolge la giovane Parthenope perché vorrebbe intraprendere il suo stesso mestiere. Strepitosa Isabella Ferrari, che riesce con la voce e le labbra a dominare la scena: rovinata dalla chirurgia plastica indossa diverse maschere nere – di Anthony Vaccarello per Saint Laurent, Costume Artistic Director del film.

Alla fine anche Parthenope finisce. E lascia molti vuoti, pochi interrogativi. Qualcuno l’ha amato molto, molti l’hanno stroncato.
Quanto è costato? Oltre 30 milioni di euro.
Quanto ha incassato? Poco più di 10 milioni di dollari (7,4 milioni in Italia).

E questo è quanto.

Elisabetta Roli
Elisabetta Roli
GIORNALISTA, CRITICA LETTERARIA E CINEMATOGRAFICA

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