domenica, 23 Febbraio 2025

Trump e Putin, come leggere la fine del vecchio ordine mondiale

L’avvento di Donald alla Casa Bianca ha acuito il disorientamento che da tempo domina le relazioni internazionali aggravato dall’acutizzarsi del neoimperialismo russo

È particolarmente difficile districarsi in quel che sta succedendo nel panorama delle relazioni internazionali. Indubbiamente l’avvento di Trump alla Casa Bianca ha acuito il disorientamento che da tempo domina in quel campo: siamo davanti ad un giocatore di poker che ha come obiettivo quello di confondere tutte le carte per costringere gli altri a cambiare le loro ed esibire solo all’ultimo le sue. Tuttavia non è una storia che sia iniziata un mese fa (era il 20 gennaio quando il 47° presidente giurò e si insediò nel ruolo): a dichiarare finita l’era dell’ordine internazionale così come si era delineato, con alti e bassi, dopo il 1945, fu nel 2007 Putin, il quale intervenendo alla conferenza sulla sicurezza di Monaco chiarì che non accettava quella regolamentazione che con il crollo dell’URSS era finita nelle mani solo degli Stati Uniti.

Trump e Putin, piani diversi e spinte contrastanti

Poiché tutto si inserisce in una generale transizione storica che tocca anche il quadro culturale, e di conseguenza economico e sociale, all’interno del quale si era configurato l’ordine post 1945, non meraviglia che siamo in presenza dell’intrecciarsi di piani diversi e di spinte contrastanti. Quel che avviene nel caso della guerra in Ucraina, così come in quello delle guerre in Medioriente si deve cercare di inquadrarlo a partire da queste premesse.

Alle parole dei vari protagonisti bisogna dare un credito relativo: ogni grande scontro viene combattuto a partire da narrazioni, in genere fantasiose per non dire fantastiche, che cercano di giustificarlo innanzitutto agli occhi di quei popoli che ne sopportano le conseguenze. La vicenda dell’Ucraina parte dalla volontà del nuovo zar di Mosca di restaurare il suo impero, il che significa fissare una sfera di influenza che vada molto oltre il confine della propria “nazione”.

Putin invischiato in una guerra che non può perdere

Sulla base di due calcoli superficiali, Putin aveva ritenuto che l’Ucraina, territorio certamente legato per molti secoli alla storia della Russia (si pensi ai cosacchi), potesse essere facilmente inglobato addirittura col sostegno della popolazione di quelle aree, e che quell’Occidente che aveva tentato di strapparla alla sua storia col fascino del suo benessere diffuso fosse incapace di tenersela stretta perché non aveva capacità militari per contrapporsi al ritorno dell’antico Signore.

Così non è stato e la Russia è finita invischiata in una guerra che le sta costando molto cara, ma che non può perdere, perché vorrebbe dire ammettere di non avere statura imperiale. Di qui da ultimo la relativa revisione degli obiettivi: conquistare un po’ di territori, e ridurre l’Ucraina in condizioni di debolezza che rendano possibile di terminare più tardi il lavoro intrapreso (dicendolo, è ovvio, il meno possibile).

Trump e Putin: gli Usa asseconderanno il neo imperialismo russo?

C’è ora da capire perché gli USA di Trump sembrano disponibili a dare soddisfazione, forse solo relativa, al neo imperialismo russo. La ragione più probabile è che mostrando che si tratta con un neo imperialismo diventa possibile resuscitare il proprio che è in difficoltà. Se si stabilisce che i conflitti nel mondo si regolano con un tavolo a due, si tarpano le ali a quelli che pensano che davvero sia arrivata l’epoca di un multilateralismo diffuso. In fondo anche accettare in qualche modo la presenza di un terzo impero, cioè la Cina, riporta indietro le lancette dell’orologio, perché questo schema triadico è iniziato con la vista di Nixon in Cina nel 1972 e tutto sommato fino alla caduta del Muro nel 1989 ha retto.

Trump e Putin: l’Ue non si è mai consolidata ma rimane in campo

Solo che ormai il quadro è diventato molto più mosso. L’Unione Europea non è magari riuscita a decollare come avrebbe sperato, ma rimane comunque un blocco che si è allargato molto e cerca di allargarsi ancora (inevitabilmente verso la sfera ex russo-sovietica). Dovesse mai riuscire nell’operazione di consolidare realmente una qualche forma almeno confederale, sarebbe un attore con cui fare seriamente i conti, perché si inserisce nel mutamento di fase storica rispetto ai due secoli passati. Alcuni stati in espansione, i cosiddetti BRICS, sono presenze niente affatto secondarie: pensate alle possibilità dell’India, ma anche in America Latina qualcosa potrebbe muoversi (vedere il Brasile).

Trump e Putin tra il risorgere nel mondo di nostalgie imperiali

Poi c’è il risorgere di nostalgie imperiali, sia pure più limitate, in vecchi soggetti: l’impero ottomano (Turchia), quello persiano (Iran), i quali agiscono in un’area geografica che non sopporta più la sistemazione molto astratta che le era stata data dalle potenze vincitrici della Prima e Seconda Guerra Mondiale.

Nello scontro globale si inseriscono le culture. Tornano religioni manipolate ad hoc come è per certo islamismo, per certo cristianesimo delle sette (qualcuno avrà visto chi circonda Trump nella foto di gruppo nella stanza ovale…), per certo ebraismo impropriamente definito messianico, ma soprattutto avanzano le conflittualità fra le nostalgie di sistemi di valori fatti passare per identitari, e le disinvolte follie di chi vuole inventarsi l’anarchia di pensieri e comportamenti.

I neoimperialismi figli del messianesimo

I neoimperialismi, piccoli o grandi che siano, sono tutti tendenzialmente messianici, perché puntano a presentarsi come i “rivelatori” della vera direzione, inevitabilmente “di nuovo grande”, verso cui camminerebbe la storia. Per chi la storia la conosce, c’è di che rabbrividire.

Tuttavia va rilevato che l’opposizione a questi messianesimi neo imperiali è indebolita dalla mancanza di una cultura unificante che consenta di sconfiggerli sul loro terreno, cioè mostrando sia che una politica che non ha profezie da indirizzare al mondo è più capace di risolvere gli squilibri che ci indeboliscono, sia che le droghe, sintetiche o naturali, con cui i neoimperialismi stordiscono le paure del futuro, fanno perdere la strada e conducono nel burrone.

Fonte Mente Politica

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