domenica, 23 Febbraio 2025

M – Il figlio del secolo

8 puntate, miniserie, 2025, Italia, Francia
di Stefano Bises, Davide Serino, Antonio Scurati | regia Joe Wright

Netflix

Il ventennio fascista un secolo dopo. Anzi no: oggi.
Luca Marinelli-M guarda direttamente in camera, abbatte la quarta parete e coinvolge direttamente lo spettatore, come in un teatro brechtiano. Lo fa in modo superbo, confidenziale: già dalla prima puntata non si percepisce più la differenza tra lui e il Duce, tanto l’attore è perfetto nel linguaggio, nelle pose, negli ammiccamenti, nel suo essere davvero il figlio del secolo. “Entra in scena l’addestratore” ci spiega. E poi ancora: “L’Italia ha bisogno di pace e noi gliela daremo. Con la guerra. Questo fa di un fascista un fascista ragionevole e rispettabile”. E l’empatia è servita. Con moderazione.

Non si può raccontare M – Il figlio del secolo. Anche perché purtroppo conosciamo tutti la storia, almeno a grandi linee. Ma si deve guardare con attenzione: la serie non parla solo di Mussolini, del fascismo, del delitto Matteotti e di tutto ciò che ha condizionato quei decenni. Parla anche di noi. Oggi. Ieri. E domani.

M – Il figlio del secolo è una serie tv sospesa nello spazio e nel tempo (“Guardatevi intorno. Siamo ancora tra voi“): narra orrore, vigliaccheria, ambizione, assassini. Racconta la banalità del male, la mancanza di ideali, la voglia di emergere e di sopraffarre. Costi quel costi. Lo racconta in uno spazio/tempo che potrebbe essere oggi, domani o un secolo fa. Lo racconta benissimo, grazie a un Marinelli/Mussolini che spiega ogni cosa: come sia facile cambiare le carte in tavola, quanto miseri siano i suoi obiettivi, quali siano le leve per muovere le masse, come sa difficile arginarle, una volta in cui si è fomentato l’odio.

Io amo la violenza, lo sapete, è parte di me”.
“Io dico no a una violenza gratuita, dico sì a una violenza calcolata”.

La violenza diventa un modo di esistere, nella storia e nei rapporti personali: Rachele fa tenerezza, anche un po’ rabbia, Margherita Sarfatti no. Lo stupro della segretaria di redazione, una scarpa in mano di Benito Amilcare Andrea e una lacrima che scende sul viso della giovane è raccontato con una freddezza disarmante: quella di chi lo ritiene normale, lecito. Poi c’è “la pazza”, il primo amore.

Il re è piccolo piccolo, ancora più di quanto sia rappresentato dalla storia. Cesarino Rossi pavido e compiacente. Marinetti e il suo futurismo raccontati come una macchietta da cene di gala. D’Annunzio duro e puro, odiato e invidiato da Mussolini, Vate chiuso nella sua Fiume tra “la polvere folle” e quella che gli crolla addosso con il lampadario durante il bombardamento.

La storia è servita. Grandissimo Joe Wright, superbo Luca Marinelli.

Paola Bottero
Paola Bottero
JOURNALIST, STORYTELLER, VISION MAKER

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