I testi di Sanremo 2025 tra cuore e cuoricini, tra amore e la sua rappresentazione
La presenza di Roberto Benigni al festival di Sanremo ha dato una magia speciale alla serata di ieri, dedicata ai duetti. Il suo invito a ritornare a “sognare”, ovviamente a “occhi aperti”, ha entusiasmato. In tempi – come i nostri – marchiati di “retrotopia” (Z. Bauman) è necessario resistere al degrado con grandi dosi di utopia e di speranza. I cristiani hanno la “grande speranza” da offrire al mondo, la “speranza che non delude” (papa Francesco). E non si può sognare da soli, si deve farlo insieme, così anche sperare individualisticamente non si può, si spera insieme, magari rifacendosi a chi ci ha preceduto è con la speranza ha lasciato tracce belle e positive nella storia, come i santi. Grati dunque a Benigni che ce lo ha ricordato, salutando per ben due volte con quel “Dio vi benedica” e il saluto rivolto al Presidente della Repubblica da cui sono venute sempre “parole di verità e di pace”.
le emozioni dentro il 75mo Festival di Sanremo
E continua la musica, perché la musica ha il potere di unire, curare e creare legami di solidarietà e pace. Soprattutto quando parla di esperienze vissute, toccando le corde più intime della nostra vita e offrendoci sprazzi di speranza e possibilità di realizzazione personale.
Come commovente è stata, l’altro ieri, la presenza sul palco dell’Ariston del Teatro patologico: “la musica mi aiuta ad esprimere l’amore/ il potere del corpo, l’amore dell’anima/ noi vogliamo la pace, dovere regna al musica/ la vita è musica”. Al centro, la disabilità di tanti nostri fratelli e sorelle da cui non bisognerebbe mai distrarsi, creando reti comunitario di aiuto e di solidarietà perché non vengano abbandonati a loro stessi.
In questa direzione la bellissima canzone, Quando sarai piccola, di Simone Cristicchi colpisce proprio per la sua intensità emotiva e la sensibilità con cui affronta temi complessi come la malattia, la memoria, il passare del tempo e il legame d’affetto con le generazioni future. La canzone esplora il desiderio di protezione verso quanti si trovano in condizioni di dipendenza, perché non più autonomi. La consapevolezza della vulnerabilità, con un linguaggio semplice ma profondo, è portata nel cuore del bisogno di cura, per restare umani.
Il viaggio di Cristicchi – come esperienza e accettazione della malattia – parte da una vicenda personale, la malattia della madre colpita da Alzheimer. Descrive il cambiamento psicologico e del legame, quando i ricordi di una madre o di un padre svaniscono e i ruoli si invertono. E la madre diventa paradossalmente “figlia di suo figlio”. Paradosso del genio cristiano, che il sommo poeta Dante enuncia guardando a Maria di Nazareth: “vergine madre, figlia di tuo figlio, umile alta più che creatura, termine fisso di eterno consiglio”.
Con il passare degli anni, finiamo per diventare i genitori dei nostri stessi genitori: “Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei, Ti starò vicino come non ho fatto mai. Rallenteremo il passo se camminerò veloce, Parlerò al posto tuo se ti si ferma la voce”, restituendo loro l’amore che abbiamo ricevuto da piccoli: tutto questo grande amore, tutto questo infinito bene.
Il ciclo della vita si ripete: chi è grande oggi, un giorno, sarà piccolo. A ciascuno di noi si richiede di restituire l’amore ricevuto con dolcezza e gratitudine verso chi ci ha amato e rappresenta la memoria storica della nostra identità. Non è forse questo il senso del comandamento di Mosè: “Onora il padre e la madre”? Come affrontare il momento in cui la radice profonda della nostra esistenza diventa un fiore fragile, destinato a sfiorire? Dove trovare la forza per accettare questo declino? Nell’Amore che ci rende capaci di resistere: “Tu mi darai la tua mano, io un bacio sulla fronte”. Con la sua voce solida e il suo talento nel raccontare storie intime e universali, Cristicchi riesce a rendere questi temi universali e profondamente toccanti. Musicalmente, la canzone è delicata e riflessiva, come se volesse accompagnare l’ascoltatore in un viaggio intimo che non solo esplora la nostalgia, ma anche l’impegno, la cura di chi soffre e la speranza per il futuro. La sua semplicità sonora, priva di fronzoli, si fonde perfettamente con l’essenzialità del tema trattato: l’Amore è essenza.
l’amore non è simulazione dell’amore
Attenzione però al rischio che espone l’amore alla sua simulazione in società dell’ipermercato, come le nostre, e in culture destabilizzate dai dispositivi tecnologici. La tecnologia ha offerto infinite possibilità di comunicazione, ma ha anche creato l’illusione di una vicinanza che spesso non esiste. Le relazioni digitali, per quanto ricche di opportunità, non possono sostituire l’esperienza reale dell’incontro. È indispensabile riflettere su questa contraddizione, ricordandoci che la tecnologia può amplificare l’esperienza dell’amore, ma non può mai sostituirla. L’amore richiede presenza, sguardo, ascolto.
il monito con i cuoricini dei Coma_Cose
Il rischio maggiore è quello di trasformare l’amore in una simulazione, una copia sbiadita della realtà. Le emozioni vengono semplificate, ridotte a simboli, emoji, like. La canzone Cuoricini dei Coma Cose è un viaggio emotivo che esplora temi legati all’amore, alla fragilità dei sentimenti e alla vulnerabilità umana, all’incertezza, alla ricerca esasperata di connessione. Nel mare di notifiche, la rotta incerta, smarrisce l’anima, tempesta tra a sogni e schermi, illusione di modernità. S’intravede un porto, tra mille distanze e false promesse. Nel frastuono di vite il senso sfuma, sfuggono i pensieri. Ma nell’amore, luce arriva e non svanisce. “Cuoricini” è una riflessione sul desiderio di amore puro e riflette sull’amore moderno e sulle relazioni ai tempi dei social. Tema che tocca corde profonde della nostra esperienza quotidiana.
Oggi i social network influenzano e, in molti casi, definiscono le dinamiche delle relazioni, modificando i modi con cui ci connettiamo, comunichiamo e ci innamoriamo. La dipendenza dai social ha reso più difficile la qualità della comunicazione autentica.
Le interazioni si limitano spesso a like, commenti e messaggi veloci, che non riescono sempre a catturare la complessità delle emozioni umane, che perdono di autenticità e la profondità: “Pensavi solo ai cuoricini, cuoricini Stramaledetti cuoricini, cuoricini Che mi tolgono il gusto di sbagliare tutto”. E mentre ci connettiamo, rinunciamo alla relazione vera con l’altro: “Un divano e due telefoni /È la tomba dell’amore /Ce l’ha detto anche un dottore/ Che dovrei dire io che ti parlavo E tu nemmeno ti mettevi ad ascoltare /Tu mettevi solo Cuoricini, cuoricini”.
Ma l’amore autentico è complesso, richiede tempo, impegno, sacrificio: è una questione del cuore, ben intendendolo. Massimo Ranieri esplode: “Quando hai tra le mani il cuore di qualcuno lo devi proteggere/ levalo da terra e comprendilo se torna stanco dalla guerra/ tienilo in alto e amalo in ginocchio su un altare … ogni tua ferita lo farà sanguinare/ Proteggilo dal freddo…È come sfidare Dio… il mondo l’ha già fatto a pezzi e li rimane/ la vita l’ha spezzato e lui continua ad amare”.
l’amore del cuore di Gesù secondo Papa Francesco
Non sarebbe stato proprio male leggere a Sanremo alcuni passaggi dell’ultima enciclica di Papa Francesco sull’amore umano e divino del cuore di Gesù, intitolata Dilexit nos. Il cuore è l’identità stessa della persona umana, le cui fibre profonde sono vibranti dell’energia dell’Amore come impastato in quello che noi siamo da sempre: non abbiamo amore da dare a qualcuno, noi siamo amore da offrire a tutti. Siamo amore, lo aveva detto qualche anno fa proprio sul palco dell’Ariston, vincendo il Festival, Vecchioni: “chiamami sol amore, chiamami sempre amore/ credi in questa umanità anche restasse un solo uomo, chiamami sempre amore, chiamami solo amore, perché noi siamo Amore”.
L’amore è un’esperienza incarnata, radicata nella realtà del corpo e del cuore, non un’astrazione digitale. In questo senso, la Pop-Theology ci richiama all’importanza di rimanere ancorati alla realtà, di non perdere la capacità di stupirsi di fronte all’altro, di custodire la bellezza della relazione umana come uno dei doni più preziosi della vita. È La promessa di una nuova prossimità. Se il nostro tempo è segnato da crisi profonde, è anche vero che ogni crisi porta con sé un’opportunità di rinascita.
La Pop-Theology ci invita a non temere la fragilità delle nostre relazioni, ma a viverla come uno spazio di rigenerazione, un’opportunità per ritrovare ciò che conta davvero: l’amore eterno non è un ideale irraggiungibile ma una realtà che si costruisce giorno per giorno, nel coraggio di amare anche quando sembra difficile. La vera rivoluzione è fermarsi, guardarsi negli occhi, ascoltarsi davvero. È ritrovare la capacità di meravigliarsi di fronte all’altro, di accogliere la sua diversità come una ricchezza, di ricostruire i legami spezzati. Non serve una grande rivoluzione per cambiare il mondo, ma una serie di piccoli gesti quotidiani, capaci di restituire profondità e senso alle nostre vite.
la balorda nostalgia di Olly
È proprio a questi gesti semplici e quotidiani che ritorna con il suo “rimpianto per il passato” Olly in Balorda nostalgia: è la nostalgia per un amore concluso, focalizzandosi sui ricordi della quotidianità condivisa. Ricorda momenti semplici come “ridere, piangere, fare l’amore, poi stare in silenzio per ore”.
Questi frammenti di vita quotidiana riflettono la bellezza della comunione e della condivisione. Il rimpianto dice che non si riesce a vivere per questa perdita, implica riconoscere le proprie mancanze, ma anche avere la speranza in una riconciliazione e in una vita rinnovata: “come “Ti cerco ancora in casa quando mi prude la schiena, e metto ancora un piatto in più quando apparecchio a cena”. Sono proprio questi gesti abituali che evocano la presenza dell’amato, a cui – nonostante tutto- non si vuole rinunciare. È il linguaggio dell’amore eterno, l’amore che dura a premere, in queste parole dirette: “ma come te lo devo dire /Sta vita non è vita senza te”.
se t’innamori muori
L’amore autentico richiede una “morte” simbolica dell’ego, una rinuncia al proprio interesse per il bene dell’altro. La “morte” nell’innamoramento – in Se t’innamori muori di Noemi – può rappresentare la trasformazione interiore necessaria per amare veramente, superando l’egoismo e abbracciando una vita di servizio e dedizione. Ho chiesto a una persona amica una possibile interpretazione. Ecco la sua risposta: “la canzone descrive un legame d’amore fra una ragazza e il suo compagno così profondo e incondizionato da andare nel tempo molto oltre l’amore stesso tanto da trasformarsi in un rapporto tossico. A quel punto basta poco per interrompere e distruggere tutto quello che si era costruito con fatica, e farlo crollare come un castello di sabbia usando anche la violenza.
L’amore normalmente ha tre fasi: il desiderio, l’attrazione e il legame. Se una relazione è “esagerata” diventa tossica e fa sentire tristi, arrabbiati, ansiosi o rassegnati soprattutto se subentra la gelosia, la possessività cioè tutto l’opposto dell’amore sano”. Resta il grande interrogativo: “come deve essere l’amore per essere come deve?”. Erich From risponde con il suo Arte di amare (=dunque l’amore è un’arte che si può imparare). Ma Gesù crocifisso mostra l’amore, senza il quale ogni desiderio d’amore resta destinato al fallimento: è l’amore che spinge il dono della vita fino a morire per l’altro.