Da “America First” a “Buy American”: le imprese del Sud Italia alla prova di Biden

Joe Biden non sarà meno protezionista di Donald Trump: cosa si devono aspettare i mercati internazionali sulle riaperture Usa


L’Italia rappresenta un partner affidabile ma purtroppo sempre più marginale per gli Stati Uniti: non siamo più quella potenza economica che vent’anni fa si sedeva al tavolo dei grandi.
In ogni caso le elezioni che hanno incoronato Joe Biden come nuovo Presidente della nazione economicamente più importante del mondo avranno riflessi anche sulle nostre imprese (comprese quelle del Sud), che già esportano o che vorrebbero esportare nel Paese a stelle e strisce.

La transizione da Trump a Biden

In molti si chiedono cosa cambierà con la transizione da Trump a Biden, e quindi con il passaggio da una concezione economica repubblicana che si basava sul principio “America First” a quella democratica che si sostanza nel “Buy American”.

Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno attuato una forte politica protezionistica dei propri prodotti, in danno di tutte le imprese non statunitensi che hanno visto i dazi all’ingresso salire in modo esponenziale. Così da scoraggiare qualunque investimento.

gli Usa di Trump e l’esportazione

Per fare un esempio basti pensare ad una nota impresa calabrese che ha dovuto suo malgrado interrompere bruscamente la esportazione dei suoi liquori pregiati. Perché? Semplicemente perché i costi di entrata alla dogana addirittura superavano i margini di guadagno. Il settore del food and beverage era infatti quello tra i più colpiti dai dazi statunitensi. Con riflessi specie nei confronti proprio delle imprese del Mezzogiorno, dove l’agroalimentare da sempre rappresenta un fattore di traino economico per la intera area. Ma avevano incontrato grandi difficoltà anche tutte le imprese che hanno a che fare con la produzione di veicoli, considerato che tutte le case automobilistiche europee erano state messe nel mirino dalle politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump.

Per altro verso, i dazi statunitensi avevano colpito solo alcuni comparti; tra questi non c’era quello dell’arredo, nel quale sono impegnate buona parte delle attività produttive localizzate al Sud.
Le politiche protezionistiche si accompagnavano anche a forti restrizioni sul piano della immigrazione. Nel senso che per le persone era diventato praticamente impossibile entrare negli Stati Uniti per lavorare; la concessione di un visto aveva subito un forte rallentamento e più in generale il percorso per ottenerlo era diventato molto tortuoso.

Cosa succederà con Biden nel breve e nel lungo periodo

Molti si aspettano, con la vittoria dei democratici, un clima più favorevole alle attività di tutte le aziende italiane. Magari con l’eliminazione o la riduzione di molti dazi sulle importazioni imposti dalla precedente Amministrazione; più in generale con una molto più ampia apertura degli USA verso l’estero. Così si prevede una riapertura ai mercati internazionali, maggiore con l’Europa e più contenuta con Paesi come la Cina. Questo dato che Joe Biden promuoverà più del predecessore accordi di libero scambio con gli altri Paesi. Di conseguenza a beneficiarne dovrebbe essere pure il “made in Italy” che sta oggi affrontando grandi difficoltà legate anche alla diffusione del Covid.

A parere di chi scrive l’Amministrazione democratica non segnerà un netto ritorno al mondo di prima: i rapporti degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa saranno marcati da un equilibrio diverso solo in parte rispetto agli ultimi anni.
In altri termini, Joe Biden sarà più civile e cortese ma non meno protezionista di Donald Trump. Se Biden darà ancora massima priorità ai beni e servizi “made in USA”, continuerà ad essere difficile per le imprese italiane – almeno in un primo periodo – fare entrare i propri prodotti negli Stati Uniti.

lusso e moda: comparti a rischio

Tale situazione sarà ancora più estrema per le imprese operanti nel settore del lusso e della moda in quanto i democratici creeranno un sistema fiscale più proporzionale, mettendo in pericolo i fatturati e di conseguenza le azioni di marchi celebri. In questa ottica il piano dei democratici prevede un aumento delle imposte su tutte le imprese finalizzato ad una distribuzione piu equa della pressione fiscale.

gli Usa apriranno le porte alle imprese del Sud Italia?

In ogni caso la politica del “buy American” rallenterà, quanto meno all’inizio, il flusso degli investimenti da e per l’Italia. Ma gli USA a lungo termine apriranno probabilmente le porte a tutte le imprese italiane – comprese quelle del Sud – che vorranno entrare nel mercato portando laggiù impianti produttivi e creando occupazione.
Ci sono insomma i presupposti per una stagione commerciale più florida, non appena finirà l’emergenza covid. Del resto il Coronavirus ha intaccato le certezze del capitalismo. E con esse il modello americano di sviluppo, che deve adesso riaffermare la propria leadership ed il proprio status di esempio vincente. E questo in un contesto in cui si registra la crescita di movimenti sovranisti, con tentazioni autoritarie e nostalgie per il piccolo mondo antico, socialmente ed economicamente chiuso.

un percorso non ancora chiaro

Dunque è tutto da verificare il corso della “nuova” stagione statunitense rispetto alle imprese del Mezzogiorno che facevano o vogliono fare affari con gli Stati Uniti.
Naturalmente la diffusione della pandemia avrà ancora riflessi determinanti ed un’altra variabile importante e strettamente collegata sarà quella legata al valore del dollaro. Il commercio internazionale risentirà certamente di un dollaro che sta diventando sempre più debole. E che pertanto da un lato favorirà le esportazioni statunitensi, dall’altro penalizzerà i produtori europei, compresi quelli italiani.

L’auspicio è che il protezionismo statunitense non si traduca in una situazione di “America Alone”, in controtendenza rispetto ad un mondo sempre più globalizzato. Per quanto ci riguarda è da confidare che l’Italia e le sue imprese del sud recuperino centralità nel mercato internazioanle. Specialmente in quello nord-americano, sfruttando le strette connessioni con gli italo-americani di terza e quarta generazione. Aanche in virtù della storica alleanza strategica con gli amici statunitensi, che ha sempre caratterizzato l’indirizzo di tutti i governi italiani di ogni colore dal secondo dopoguerra ad oggi.

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