La precarietà e la convivenza forzata in spazi stretti creano tensioni e dinamiche difficilmente gestibili. E le coppie vanno in crash
In ambito economico e medico esiste un fenomeno chiamato “effetto rebound”.
Il termine indica lo scarto che si ha tra i benefici attesi da un intervento migliorativo e quelli persi in conseguenza dello stesso. Per esempio un nuovo carburante progettato per ridurre i consumi del 10%, potrebbe arrivare a una riduzione del 5% a causa di un pessimo stile di guida.
O in ambito medico potrebbe verificarsi il ritorno di una patologia in forma nettamente aggravata in seguito alla sospensione della terapia che avrebbe dovuto curarla.
Applicando l’effetto rebound a situazioni di emergenza in cui vengono prese misure speciali sulla popolazione, come nel caso del lockdown durante una pandemia, se l’isolamento comporta il beneficio di contenere la pandemia, al tempo stesso ci saranno serie conseguenze causate dall’isolamento stesso. Tali conseguenze non sono qualitativamente paragonabili ai benefici del contenimento epidemico. Tuttavia occorre monitorarle e, ove possibile, prevenirle.
È il caso degli effetti dell’isolamento volontario sulle famiglie, soprattutto in quelle con figli o che già vivono in condizioni critiche.
La precarietà economica, l’angoscia derivante dalla situazione politica e sociale, le questioni logistiche legate all’emergenza. Ma anche le conseguenze dovute a un ambiente, la casa, che diventa luogo di convivenza forzata tra più persone.
Una pentola a pressione chiamata casa
Se, prima dell’isolamento, ogni membro della famiglia aveva un suo spazio all’interno della casa e un tempo da spendervi, queste dimensioni erano bilanciate da luoghi e tempi esterni, che in sinergia con le prime avevano creato una routine e un equilibrio. Quando i tempi e gli spazi esterni vengono meno, il tempo nella casa si dilata e assieme allo spazio assume una dimensione comune per tutti. Questo sebbene i diversi componenti della famiglia abbiano esigenze diverse.
Chi, per intenderci, era abituato a lavorare fuori e vivere con i suoi dalla sera in poi, adesso vivrà più a contatto con i familiari, cercando di portare nello spazio comune parte delle abitudini dello spazio e del tempo esterni, come il lavoro. Il che crea diverse tensioni.
Pensate a cosa significhi, per esempio, per due genitori doversi dividere tra i tempi del telelavoro e i tempi e le attenzioni per l’accudimento dei figli, chiusi ugualmente in casa. O per una coppia che pur amandosi era formata da persone che riuscivano a ritagliarsi spazi autonomi, e ora si ritrova ad affrontare una convivenza senza confini. Per tacere di situazioni più drammatiche: per esempio la convivenza con un partner violento.
Lievito curativo
Non è un caso, quindi, che con la pandemia causata dall’emergenza Covid-19 ci sia stata la corsa all’acquisto non solo di provviste, malgrado l’apertura garantita dei supermercati, ma un accaparramento di lieviti e farine. Le famiglie sembrano tornare alle tradizioni di pane e pasta fatti in casa. Come spiega un articolo intitolato “La psicologia del comfort food”, attraverso il cibo, e soprattutto i carboidrati, si cerca di ridurre il senso di angoscia e claustrofobia con ricette che rimandano all’infanzia, come in un processo di auto-cura. I carboidrati diventano la prima scelta non solo per il costo che li rende “democratici”, ma anche per la loro azione sulla produzione di dopamina. Secondo studi precedenti alla pandemia, le famiglie in condizioni economiche disagiate sono più inclini a sviluppare stress emotivo e conseguente comportamento alimentare compulsivo, perché non si sentono sufficientemente tutelate dalla società.
E che dire del rapporto genitori-figli? Per alcuni esperti, i piccoli rispondono all’isolamento imposto dalle loro famiglie con ribellione, rabbia o aggressività, che nascono dal sentimento di abbandono conseguente all’allontanamento dai loro pari e dagli insegnanti, e non solo dalla mancanza di luce e spazi aperti.
Aggiungiamoci le loro difficoltà di studio, la mancanza di una routine scolastica che scandisca il giorno nella maniera in cui erano abituati, l’utilizzo massiccio di schermi, con ore passate davanti al pc o ai cellulari che hanno degli effetti sulla salute, di cui il più banale è l’alterazione progressiva dei ritmi circadiani. E avremo una situazione complicata, e per di più nuova, in cui i genitori sono chiamati ad avere un ruolo di accudimento più marcato per colmare il vuoto. O i vuoti.
Le richieste di attenzione dei figli diventano per alcuni bizzarre o pressanti. Per fare fronte a questa situazione, educatori e terapeuti suggeriscono una comunicazione chiara e onesta dell’emergenza, l’utilizzo di frasi positive o incoraggianti sul tempo che si trascorre a casa, la creazione di momenti in famiglia che compensino le precedenti abitudini. Colazione insieme, serate di cinema in casa, occasioni di confronto in cui i figli possano sfogarsi e confessare incertezze e paure.
Tenendo conto di un aspetto importante: che i genitori non sono insegnanti né terapeuti, ma genitori. E dunque, su tutto: keep calm.
Il crash di coppia
Infine le coppie, bersaglio di nuove forme di manipolazione mediatica che le vorrebbero di nuovo ancorate ai vecchi ruoli: la madre casalinga, il padre lavoratore. Si sta tornando alle disuguaglianze di genere, avverte The Guardian, sebbene gli studi scientifici su questo fenomeno siano di là da venire.
Tuttavia a febbraio, poco prima della diffusione dell’epidemia a livello nazionale e dei relativi protocolli di sicurezza governativi, il Messaggero lanciò un sondaggio da cui si evinceva che una coppia di genitori su sei, a posteriori, non avrebbe messo al mondo figli, non sentendosi supportata dalle istituzioni. Lo scorso anno un altro sondaggio commissionato dall’Agenzia Dire a Tecnè su un campione di 2mila italiani adulti, ha evidenziato che per un italiano su cinque la donna dovrebbe stare a casa a occuparsi dei figli.
Ci sono motivi validi per pensare che con l’epidemia questo genere di discriminazioni sia uscito rinforzato.
«Non deve passare l’idea che un genitore debba restare a casa a curare i figli mentre l’altro va a lavorare, soprattutto perché tendenzialmente sarebbe la donna e questo non ce lo possiamo assolutamente permettere», afferma la vicepresidente della regione Emilia-Romagna Elly Schlein.
Per tacere delle difficoltà dei genitori divorziati, che vivono una situazione di destabilizzazione doppia.
Ma anche le coppie rischiano il crash.
Ho chiesto a Grazia Scanavini, scrittrice erotica e Consulente in dinamiche di relazione, di parlarmi della vita di coppia in questa emergenza.
«Il lockdown ha imposto alle coppie, volenti o nolenti, una sorta di check-up della relazione: le coppie che già funzionavano, perché basate su un equilibrio tra il sé di coppia e il sé individuale, hanno goduto del poter condividere più tempo insieme. Le coppie che già versavano in crisi di relazione, invece, sono evolute in due diverse dinamiche: quelle che nel cercare di sopravvivere al meglio possibile hanno trovato strategie per gestire la convivenza hanno scoperto che ci sono ancora motivi per restare insieme e lavorare sulla coppia stessa; quelle in cui la distanza emotiva tra i partner era già oltre e la convivenza forzata ha solo velocizzato la presa di consapevolezza sul fatto che non ci sia più niente da condividere».
Forse alla fine dell’emergenza ci sarà più lavoro per gli psicologi di coppia e gli avvocati divorzisti?