Cerved, Italia Sostenibile: ampio divario tra Nord e Sud

L’Italia è 15esima su 29 paesi europei in termini di sostenibilità. E’ ciò che è emerso dalla Seconda edizione del Rapporto Italia Sostenibile, presentato da Cerved Group.

Lo studio definisce un indice generale di sostenibilità che integra aspetti economici, sociali e ambientali dei singoli territori. 

In Italia operano 932mila società con un rischio di transizione alto e molto alto, che dovranno sopportare notevoli costi per adeguarsi a un’economia a emissioni zero.

La gran parte delle risorse finanziarie che possono essere mobilitate per il processo di transizione (14,8 miliardi di euro su 20,6 totali) è concentrata al Nord, mentre al Sud, l’area in cui incidono maggiormente le attività a rischio transizione, il potenziale da investire rappresenta solo il 12,8% (2,6 miliardi).

Le province più esposte sono anche caratterizzate dagli indici di attrattività più bassi e spesso hanno scarsi livelli di sostenibilità sociale: i cambiamenti richiesti potrebbero aumentare povertà ed esclusione sociale in province come Taranto, Siracusa e Crotone.

La mappa europea della sostenibilità sociale (capitale umano, assistenza sociale, fragilità delle famiglie, sistema sanitario, di sicurezza e giustizia) restituisce un quadro molto simile a quello della sostenibilità economica, collocando l’Italia al di sotto della media europea, al diciottesimo posto tra i paesi analizzati.

Ecco confermati i forti divari territoriali sono confermati anche a livello sociale, con il Mezzogiorno al terzultimo posto, davanti solo a Grecia e Romania.

Le debolezze dell’Italia derivano soprattutto da un’elevata fragilità delle famiglie (più di un quarto è a rischio povertà), da una scarsa capacità di formazione del capitale umano e da un sistema di sicurezza e giustizia molto poco efficiente.

Nelle province del Sud è più alta la quota di famiglie a rischio di esclusione sociale: se infatti esiste un Centro-Sud resiliente, come le grandi aree urbane di Bari e Napoli, che pur con livelli di sostenibilità medio-bassi possono contare su un sistema produttivo vitale, importanti infrastrutture e istituzioni formative, le intere Calabria e Sicilia e ampie aree di Campania e Puglia mostrano tessuti produttivi deboli e vaste sacche di fragilità sociale.

Diversa è la situazione se si considera l’indice di sostenibilità ambientale.

Qui l’Italia si classifica al nono posto, prima della Francia. Le regioni del Mezzogiorno restano indietro, ma con un divario molto più ridotto. L’indice di sostenibilità ambientale (composto da: livelli di inquinamento, situazione idrogeologica e sismica, gestione delle scorie e dei rifiuti, rischio della transizione energetica nei sistemi produttivi) non replica quindi la spaccatura tra Nord e Sud.

In particolare, pur con un territorio più fragile dal punto di vista sismico e idrogeologico, l’Italia vanta indici migliori della media europea in tutte le altre dimensioni analizzate: sono più bassi i livelli di inquinamento e le emissioni di gas serra, in netto calo negli ultimi anni. Per quanto riguarda i consumi e la riconversione energetica, l’Italia è sostanzialmente in linea con l’Europa, con un quinto dell’energia consumata che proviene da fonti rinnovabili.

La mappa della sostenibilità delle province italiane, sempre definita in base all’indice che sintetizza la componente economica, sociale e ambientale, conferma l’ampio divario che esiste tra il Nord e il Sud della Penisola.

Le prime province per indice di sostenibilità economica sono tutte al Nord: Milano, Bolzano, Padova, Trento, Treviso e Bergamo sono le province più sostenibili, mentre Siracusa, Vibo Valentia, Agrigento, Reggio Calabria e Crotone chiudono la classifica; la provincia meridionale migliore è Bari, al 51mo posto su 107.

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