“L’ultima puntata del percorso dei due autori per spiegare l‘ndrangheta e la sua pervasività.
Un viaggio in cui si racconta come il fenomeno abbia messo piede nel Nord Italia”. In un affollato Teatro Manzoni di Roma la giornalista Paola Bottero introduce così “Complici e colpevoli”, l’ultima opera del Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e del docente Antonio Nicaso, tra i massimi esperti di ‘ndrangheta sulla scena internazionale, calabrese d’origine, che vive e insegna tra Canada e Stati Uniti da oltre 30 anni.
Prosegue nella capitale il sodalizio tra gli autori e la giornalista, che si ritrova nuovamente a condurre ed animare il dibattito tra i due in occasione della presentazione dei loro libri, come “Non Chiamateli Eroi” sul palco di SUDeFUTURI, a Scilla, in una mite serata di agosto. Cambiano il luogo, la stagione e l’opera, ma è sempre un pubblico caloroso ad accogliere i tre con un forte applauso in un freddo pomeriggio di dicembre.
Questa volta è “Scrittori in Scena” l’iniziativa del Teatro Manzoni che porta sul palco autori per raccontarsi e per far tornare le sale piene, come annuncia a sipari ancora chiusi Alessandro Vaccari a nome dell’organizzazione. E con la presentazione di “Complici e Colpevoli”, Gratteri e Nicaso si raccontano e raccontano la loro opera, la sala si riempie e la platea partecipa tra applausi e meditati silenzi.
Paola Bottero non ha solo condotto una presentazione: ha stimolato una riflessione a tutto campo sulla criminalità organizzata – quella calabrese in particolare – alternando le domande tra i due autori. Tanti i temi emersi: dall’inquadramento storico e geografico del fenomeno, al ruolo di informazione e politica, dalla narrazione cinematografica dei boss mafiosi fino all’attualissimo e scomodo tema della legalizzazione delle droghe leggere.
un viaggio inchiesta nell’Alta Italia
“La nostra idea è far capire che le mafie non sono il frutto della mentalità di un territorio. Se fossero figlie di una cultura locale, sarebbero rimaste al Sud e così non è stato: hanno bussato alle porte del Nord e le hanno trovate aperte”. Antonio Nicaso spiega il senso dell’ultimo lavoro frutto della collaborazione tra i due, che dura dal 2006 e ha portato alla produzione di oltre 14 opere. “Complici e colpevoli”, edito da Strade Blu di Mondadori, è un viaggio introdotto da una mappa nel risvolto di copertina, che individua l’origine di storie di ‘ndrangheta in Alta Italia a partire dagli anni ’60. Gli autori analizzano il fenomeno corroborando la loro inchiesta con atti processuali, rapporti della polizia giudiziaria e intercettazioni.
le mafie: agenzie di servizi per il Nord dagli anni del boom
Connivenza, concorso di colpa, reciprocità funzionale: sono queste le parole che caratterizzano il rapporto tra ‘ndranghetisti, politici ed imprenditori del Nord. “Non è stato l’obbligo di soggiorno di mafiosi al Nord– spiega Antonio Nicaso- ad aver generato il contatto con il mondo politico ed economico. Le mafie hanno messo radici al Nord grazie a politici e imprenditori che hanno agito secondo logiche di convenienza. Si sono trasformate in agenzie di servizi, soprattutto nel campo dell’edilizia, offrendo manodopera a basso costo, servizi di gestione rifiuti o pacchetti di voti”. Il docente ripercorre brevemente il radicamento dei clan calabresi all’estero. “Prima di diffondersi al Nord la ‘ndrangheta penetra negli Usa nel 1880, in Canada nel 1911 e in Australia alla fine degli anni 20. Negli anni ’40 cominciano a tornare presenza significative dall’estero, riportando in Italia il know-how imprenditoriale acquisito”. Da qui il periodo dei sequestri. “La ‘ndrangheta individua al Nord le vittime dei sequestri che si concludono in Aspromonte. Nessuna operazione di polizia ha intercettato i passaggi dal Nord al Sud. Queste dinamiche portano a capire come il fenomeno fosse ben strutturato al Nord. Il passaggio importante è avvenuto negli anni del boom, quando gli imprenditori dell’Alta Italia – i complici dell’inchiesta – legittimano i mafiosi del Sud, perché hanno bisogno della loro manodopera e dei loro servizi”.
Informazione e politica: i grandi assenti nel discorso mafia
“Nei telegiornali si parla tanto di Covid, politica, sport e gossip, ma nessuno parla di mafia“. Il Procuratore di Catanzaro denuncia l’assenza di attenzione mediatica al fenomeno mafioso, che ora più che mai, con l’arrivo dei fondi europei, dovrebbe avere una grande risonanza. “Nessuno parla di cosa accadrà con i soldi del PNRR e di come arginare gli appetiti mafiosi che ci saranno. Le mafie sono sempre state pronte con l’arrivo di grandi investimenti da parte dello Stato. Hanno tanto quei soldi che riescono a comprare impiegati pubblici per poche migliaia di euro: la lotta ora sarà ancora più dura e difficile”. Forte anche la denuncia alla politica. “Un problema per la politica non c’è se non è in prima pagina per due o tre giorni. Non c’è iniziativa da parte della politica, che non è in grado di progettare. Non è possibile pensare di risolvere un problema così complesso con micro riforme e senza una grande riforma del sistema giudiziario”.
“Vi spiego perché sono contrario alla legalizzazione delle droghe leggere”: Gratteri sciocca la platea
La posizione del Procuratore sull’attualissimo tema della legalizzazione delle droghe leggere provoca silenzi in sala. D’altronde si sa: Gratteri è abituato a dire sempre ciò che pensa, come confessa anche al Teatro Manzoni, ed è questo a rendere il magistrato più celebre della Calabria così popolare. “Sembra che si tratti di una sfida ideologica, come se i contrari fossero conservatori e i favorevoli culturalmente aperti”. Per il Procuratore la legalizzazione non risolverebbe il problema della lotta alle mafie e non distoglierebbe la polizia giudiziaria dalla faccenda. “Chi controlla le piazza di spaccio non vende solo marijuana o hashish ma tutti i tipi di droghe”. Per i favorevoli la legalizzazione toglierebbe i giovani dalla criminalità organizzata”. “Questo è vero” – esclama una signora in seconda fila. “No signora, e ora le spiego perché”. Gratteri prosegue con le argomentazioni del no. “Secondo le ultime proposte di legge, la marijuana sarebbe vendibile in farmacia solo ai maggiorenni E i minorenni? Si rivolgerebbero comunque al mercato illegale”. Tra le altre motivazioni del Procuratore il prezzo troppo alto della marijuana in farmacia, che la renderebbe poco competitiva sul mercato, a cui si aggiungono motivi di salute e ideologici. “Chi usa droga sicuramente la usa per sballarsi. Sta a voi decidere se vi conviene legalizzare“.
NARRAZIONE DISTORTA: MAFIOSI, CALABRESI E MAGISTRATI
“Voi due vi siete battuti molto sul tema della narrazione dei mafiosi” la giornalista lancia la palla al docente, ricordando i temi di “Non Chiamateli Eroi e di “Inganno della mafia – quando i criminali diventano eroi” scritte a quattro mani con il Procuratore. “La narrazione cinematografica e di serie tv ha creato un’immagine romantica e romanzata del mafioso” racconta Nicaso. “Film come Il Padrino hanno creato nell’immaginario l’idea di una vecchia mafia, il conflitto tra libertà e necessità che giustifica ogni azione. Secondo una lezione di Freud, il benessere psicologico sta nella capacità di amare e di lavorare. Gli ‘ndraghetisti non possono amare, perché i matrimoni sono combinati. Non possono lavorare, perché ognuno è funzionale ad una strategia, ed sono altri a scegliere per te. Queste narrazioni ci condizionano”. Raccontare il fenomeno nella sua realtà, probabilmente è meno interessante ma è necessario. Non è una questione di censura ma di conoscenza. Allora noi dobbiamo investire di più in scuola e ricerca. Dovremmo capire che la storia e una cosa e la narrazione un’altra” ammonisce infine l’esperto.
E in una narrazione distorta e stereotipata finiscono gli stessi calabresi: “Quando si parla di calabresi, c’è il timore di confondersi con altro. Molto spesso i buoni, che sono molto di più dei cattivi, portano ricchezza vera al sistema Italia. Come superare questi pregiudizi?” sollecita Paola Bottero. “Bisogna evitare di affermare l’ identità per negazione. Non dobbiamo più dire sono calabrese ma non ‘ndranghetista. Uno dovrebbe cominciare a ragionare senza doversi giustificare” conclude così Nicaso riscuotendo grande successo da parte degli spettatori.
Sulla narrazione distorta, anche Gratteri, a proposito della crisi di fiducia della magistratura. “Non abboccate alla narrazione per cui la magistratura è il demonio è va messa alla fine della fiera. Noi magistrati in questo periodo siamo ai minimi storici come credibilità. Veniamo dipinti come sfaticati o imbroglioni. Vorrei ci fosse la possibilità di credere alla magistratura. Non abbiamo alternativa a non chiedere al sistema giudiziario” .
La serata si chiude con grandi applausi e il tanto atteso momento firma copie.