Il Santo Padre sperava in leader popolari capaci “di interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società”
Papa Francesco per anni ha insistito sulla ricerca di una soluzione e non sul favorire le contrapposizioni. Per me la sua Enciclica “Fratelli Tutti” siglata ad Assisi nel 2020 sulla tomba di San Francesco è quella che più interroga sul terribile dramma di oggi: la guerra e la pace. Ecco alcuni passaggi per me fondamentali.
Francesco, la politica e “l’aprirsi al mondo”
“Aprirsi al mondo”, si legge, è un’espressione che oggi è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Si riferisce “esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri o alla libertà dei poteri economici di investire senza un modello culturale unico, che magari unifica il mondo ma divide le persone e le nazioni, perché “la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”.
Così alla fine “siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti”.
In tal modo la politica “diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il ‘divide et impera’”.
Francesco, la politica e la via del dialogo che dice no a nuovi muri
Per Papa Francesco bisogna aprire le vie del dialogo non innalzare nuovi muri: il modo migliore “per dominare e avanzare senza limiti è seminare la mancanza di speranza e suscitare la sfiducia costante, benché mascherata con la difesa di alcuni valori. Oggi in molti Paesi si utilizza il meccanismo politico di esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli.
Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte. La politica così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace. In questo gioco meschino delle squalificazioni, il dibattito viene manipolato per mantenerlo allo stato di controversia e contrapposizione”.
Francesco, la politica e la speranza in leader capaci
Papa Francesco guardava alla politica nel senso alto del termine, sperava in leader popolari capaci “di interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società. Il servizio che prestano, aggregando e guidando, può essere la base per un progetto duraturo di trasformazione e di crescita, che implica anche la capacità di cedere il posto ad altri nella ricerca del bene comune”.
In molti casi non accade, la politica prende la strada del populismo quando “si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere. Altre volte mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione. Ciò si aggrava quando diventa, in forme grossolane o sottili, un assoggettamento delle istituzioni e della legalità”.
I gruppi chiusi deformano la parola “popolo”
Attenzione, i gruppi populisti chiusi “deformano la parola popolo, poiché in realtà ciò di cui parlano non è un vero popolo. Infatti, la categoria di popolo è aperta. Un popolo vivo, dinamico e con un futuro è quello che rimane costantemente aperto a nuove sintesi assumendo in sé ciò che è diverso. Non lo fa negando sé stesso, ma piuttosto con la disposizione ad essere messo in movimento e in discussione, ad essere allargato, arricchito da altri, e in tal modo può evolversi”.
Papa Francesco nella sua Enciclica Fratelli tutti pensa a “una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose… e non si può chiedere ciò all’economia, né si può accettare che questa assuma il potere reale dello Stato”.
Francesco e l’idea di grandezza politica
Per questo, davanti a tante forme “di politica meschine e tese all’interesse immediato”, ricorda che “la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine… pensare a quelli che verranno non serve ai fini elettorali, ma è ciò che esige una giustizia autentica, perché, come hanno insegnato i Vescovi del Portogallo, “la terra è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva”…
Sulle guerre e sulla necessità di arrivare ad una pace giusta e durature, Papa Francesco punta sul nuovo incontro: “Non significa tornare a un momento precedente ai conflitti. Col tempo tutti siamo cambiati. Il dolore e le contrapposizioni ci hanno trasformato. Inoltre, non c’è più spazio per diplomazie vuote, per dissimulazioni, discorsi doppi, occultamenti, buone maniere che nascondono la realtà.
Solo dalla verità nasce la capacità di comprendersi a vicenda
Quanti si sono confrontati duramente si parlano a partire dalla verità, chiara e nuda. Hanno bisogno di imparare ad esercitare una memoria penitenziale, capace di assumere il passato per liberare il futuro dalle proprie insoddisfazioni, confusioni e proiezioni. Solo dalla verità storica dei fatti potranno nascere lo sforzo perseverante e duraturo di comprendersi a vicenda e di tentare una nuova sintesi per il bene di tutti. La realtà è che ‘il processo di pace è quindi un impegno che dura nel tempo.
È un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta. Come hanno affermato i Vescovi del Congo a proposito di un conflitto che si ripete, “gli accordi di pace sulla carta non saranno mai sufficienti. Occorrerà andare più lontano, includendo l’esigenza di verità sulle origini di questa crisi ricorrente. Il popolo ha il diritto di sapere che cosa è successo”.
la verità è una compagna inseparabile della giustizia
In effetti, “la verità è una compagna inseparabile della giustizia e della misericordia. Tutte e tre unite, sono essenziali per costruire la pace e, d’altra parte, ciascuna di esse impedisce che le altre siano alterate. La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono. Verità è raccontare alle famiglie distrutte dal dolore quello che è successo ai loro parenti scomparsi. La Verità è confessare che cosa è successo ai minori reclutati dagli operatori di violenza.
Verità è riconoscere il dolore delle donne vittime di violenza e di abusi. Ogni violenza commessa contro un essere umano è una ferita nella carne dell’umanità; ogni morte violenta ci ‘diminuisce’ come persone. La violenza genera violenza, l’odio genera altro odio, e la morte altra morte. Dobbiamo spezzare questa catena che appare ineluttabile’”.
Francesco incarna la pace dell’inquietudine
E come ha scritto padre Antonio Spadaro, anche lui gesuita, Papa Francesco incarna “la pace dell’inquietudine”, che è l’ossimoro per eccellenza dei gesuiti, frutto del discernimento… che significa cogliere interiormente la voce di Dio, riconoscere per istinto la sua presenza nel mondo, anche lì dove tutto ci dice che dovrebbe essere altrove. È tipicamente gesuitico non considerare nulla di ciò che è umano come alieno dal divino: Cercare e trovare Dio in tutte le cose era il motto di sant’Ignazio… e così Francesco non ha aperto, ma spalancato le porte della Chiesa a todos, non perché la gente restasse dentro, come lui più volte ha detto, ma perché il Signore fosse in grado di uscire, andando per strada”.
Fonte Agenzia DIRE