L’indagine dell’Ocse rivela un panorama delle competenze decisamente disomogeneo, con un numero crescente di persone impreparate per il futuro. L’AI colmerà le falle dei media digitali?
Gli adulti hanno le competenze di cui hanno bisogno per prosperare in un mondo che cambia? La domanda delle domande, da qualche anno a questa parte. E la risposta non è positiva: “Nonostante gli sforzi significativi compiuti dai governi e dalle parti sociali nell’ultimo decennio per rafforzare i sistemi di istruzione e formazione degli adulti, l’indagine rivela un panorama delle competenze decisamente disomogeneo, con un numero crescente di persone impreparate per il futuro”. I dati parlano chiaro.
L’indagine dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, sulle competenze delle persone, condotta in 31 Paesi avanzati, non lascia dubbi. Nelle duecento pagine fitte di test e tabelle gli esiti sono inquietanti. E la speranza è che l’intelligenza artificiale arrivi in fretta a colmare i deficit accumulati.
i domini: literacy, numeracy e problem solving adattivo
Tre le macro aree su cui si muove il rapporto. Si parte dalla literacy: l’alfabetizzazione prepara le persone a elaborare informazioni, comunicare in modo efficace e partecipare alla vita civica. Poi la numeracy: il calcolo è alla base del processo decisionale, dell’alfabetizzazione finanziaria e della capacità di interpretare dati complessi. Infine il problem solving adattivo: le capacità di problem-solving consentono agli individui di adattarsi, innovare e sfruttare la tecnologia.
Nel dominio della literacy e nel dominio della numeracy un quarto degli adulti dei paesi OCSE (i valori sono 26,1% per la literacy e 24,8% per la numeracy) è low performer, ovvero non è in grado di comprendere un semplice testo o eseguire dei semplici calcoli. In Italia la quota sale rispettivamente 34,7% e 35,3%. Le percentuali di low performer sono maggiori nel dominio di competenza del problem solving adattivo, con il 29,3% nella media OCSE che non è in grado di risolvere semplici problemi (in Italia in questo caso i low performer sono il 45,6%). Quote molto più basse sono rilevate per gli high performer: solo 11,6% nella media OCSE e il 5,4% dei residenti in Italia raggiunge elevati livelli di competenze in literacy, il 13,9% nella media OCSE (e il 6,2% in Italia) in numeracy e il 5% nella media OCSE e l’0,9% in Italia nel problem solving adattivo. l
Si tratta di capacità non solo indispensabili per il successo economico, ma anche fondamentali per affrontare le disuguaglianze, promuovere la resilienza e la coesione sociale. Il rapporto le definisce “competenze fondative”, alla base della possibilità di governare, gestire, indirizzare in senso positivo per le nostre società l’evoluzione tecnologica, perché, “la capacità degli adulti di prosperare dipende sempre di più dalle loro competenze di base”.
la rivoluzione digitale nel rapporto Ocse
Si legge nel rapporto Ocse: “Il cambiamento tecnologico, tra cui l’automazione e gli ultimi progressi dell’intelligenza artificiale generativa, sta trasformando la maggior parte dei settori e dei lavori. Oltre agli impegni per zero emissioni nette, questa trasformazione sta creando nuovi ruoli che richiedono nuove competenze. L’intelligenza artificiale e la digitalizzazione stanno anche rivoluzionando il modo in cui le competenze di base vengono utilizzate nella vita di tutti i giorni, dalla gestione delle finanze personali alle decisioni basate sui dati sul posto di lavoro” e ancora “Più che mai, oltre alle competenze specialistiche per professioni specifiche, le competenze di elaborazione delle informazioni (alfabetizzazione, calcolo e risoluzione adattiva dei problemi) stanno diventando essenziali per gli individui per navigare in queste profonde trasformazioni”.
Affrontando il tema dell’impatto della rivoluzione digitale sul lavoro, emerge l’importanza di adottare un approccio analitico che scomponga le professioni in singoli compiti. Questo permette di distinguere quali attività siano automatizzabili e quali possano essere trasformate. Evidenziando come la chiave per affrontare il cambiamento risieda nella capacità di riconfigurare il proprio lavoro. Tale riconfigurazione coinvolge sia la trasformazione dei compiti individuali, sia l’interconnessione tra i diversi elementi che compongono le attività lavorative.
Le “competenze fondative” rappresentano il fulcro dell’indagine, ossia quelle competenze di base che abilitano la capacità di adattamento e trasformazione. Queste competenze formano il tessuto connettivo per lo sviluppo delle competenze digitali. Solo attraverso una visione chiara e complessiva del panorama delle competenze necessarie, che include anche le cosiddette “soft skills,” è possibile comprendere pienamente la situazione dei Paesi Ocse. Con un focus particolare sull’Italia, e definire le strategie più efficaci per affrontare le sfide del futuro.
In Finlandia i punteggi più alti
Nei Paesi e nelle economie Ocse analizzati, i punteggi medi degli adulti tra i 16 e i 65 anni si attestano a 260 punti in alfabetizzazione, 263 in calcolo e 251 in risoluzione adattiva dei problemi, su una scala che va da 0 a 500. Finlandia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia hanno le performance migliori in tutti e tre i campi. La Finlandia è al vertice in alfabetizzazione (296 punti, media OCSE 260) e matematica (294 punti, media OCSE 263). Per la risoluzione dei problemi, Finlandia e Giappone guidano con 276 punti (media OCSE 251). In media, quasi un quinto degli adulti nei paesi OCSE ottiene risultati molto bassi (Livello 1 o inferiore) in tutte e tre le competenze. La quota va dal 7% in Giappone al 44% in Cile. In 14 paesi è aumentata la percentuale di adulti con bassi risultati in alfabetizzazione.
L’analisi della distribuzione delle competenze evidenzia notevoli disparità. In Cile il 44% degli adulti si colloca nei livelli più bassi in tutti e tre i domini, mentre in Giappone questa percentuale si riduce al 7%. Tra i fattori associati ai livelli di competenza, l’età gioca un ruolo significativo. Gli adulti tra i 55 e i 65 anni tendono a registrare performance inferiori rispetto ai giovani in tutti i settori valutati, con i risultati migliori concentrati nella fascia 25-34 anni, seguiti dai 16-24enni.
In Italia i giovani tra i 16 e i 24 anni ottengono punteggi superiori rispetto alle altre fasce d’età. Ma rimangono al di sotto della media Ocse. Un’eccezione si rileva nel Nord-est del Paese. Qui i giovani tra i 16 e i 24 anni raggiungono livelli di alfabetizzazione e calcolo paragonabili a quelli dei loro coetanei nei Paesi OCSE.
i vari fattori
livello di istruzione
ivelli più elevati di istruzione sono associati a una maggiore competenza in alfabetizzazione, calcolo e risoluzione adattiva dei problemi. In media gli adulti con istruzione terziaria hanno ottenuto 33 punti in più in alfabetizzazione rispetto a quelli con istruzione secondaria superiore, che a loro volta hanno ottenuto 43 punti in più rispetto a quelli senza istruzione secondaria superiore.
divario di genere
In realtà ha poco impatto, anche se ci sono dei fenomeni da registrare. Le donne mostrano una competenza media più elevata rispetto agli uomini in alfabetizzazione (3 punti). Gli uomini hanno ottenuto punteggi più elevati in calcolo (10 punti) e risoluzione adattiva dei problemi (2 punti). Questa dinamica è coerente con quanto registrato nell’indagine PISA e anche con i dati sulle competenze in ICT.
fenomeno migratorio e integrazione
Il fattore “nascita” si rileva importante. Gli adulti nativi di genitori nativi mostrano una competenza molto più elevata in tutti i domini rispetto agli adulti nati all’estero di genitori nati all’estero. Con differenze di 44 punti in alfabetizzazione, 38 punti in matematica e 32 punti in risoluzione adattiva dei problemi.
contesto socio-economico
Correlato al livello di istruzione, questo fattore mostra una forte correlazione con i livelli di competenza, e infatti gli adulti cresciuti in condizioni socio-economiche favorevoli hanno mostrato una maggiore competenza in tutti i domini di abilità. Avere almeno un genitore con istruzione terziaria è associato a un vantaggio di 50 punti in alfabetizzazione, 49 punti in matematica e 42 punti in risoluzione adattiva dei problemi, rispetto agli adulti senza genitori che hanno conseguito l’istruzione secondaria superiore.
La situazione in Italia
Il valore medio di competenza della popolazione residente in Italia, in tutti e tre i domini di analisi è inferiore, in modo significativo, a quello della media Ocse. La situazione è notevolmente influenzata dal fattore territoriale. Le regioni del Mezzogiorno conseguono, per tutti i domini, punteggi sempre significativamente inferiori alla media italiana e conseguentemente a quella OCSE.
L’indagine ha rilevato che i residenti nel Nord e nel Centro d’Italia raggiungono, nel dominio della literacy, valori pari in termini statistici a quelli della media Ocse. In queste regioni la percentuale di adulti low performer in literacy non si discosta significativamente dalla media Ocse (il 30,3% nel Nord-ovest, il 27,5% al Centro e il 21,2% al Nord-est). La percentuale aumenta significativamente nelle regioni del Sud, fino al 48,7%, e arriva al 52,9% nelle regioni insulari.
Nel campo della numeracy, oltre la metà degli adulti che vivono nel Sud e nelle Isole si colloca tra i low performer, con percentuali rispettivamente del 51,2% e del 54,4%. Al Nord-ovest questa quota si riduce al 30,6%, mentre al Centro (26,8%) e al Nord-est (20,5%) i valori si avvicinano o eguagliano la media OCSE, pari al 24,8%.
Per quanto riguarda il problem solving adattivo, quasi la metà degli adulti italiani risulta essere low performer. Tuttavia nel Nord-est la percentuale scende al 31,0%, dato che si allinea alla media Ocse. Quote più alte si registrano nel Nord-ovest (39,8%) e al Centro (41,1%), mentre nelle regioni del Sud e delle Isole si osservano valori decisamente superiori, oltre il 60% (rispettivamente 60,4% e 62,4%).
gli high performer in Italia
Se si considera la popolazione relativamente più competente, agli adulti con performance elevate (high performer) in tutti i domini di analisi, le percentuali osservate nel nostro Paese sono significativamente inferiori alla media OCSE e ad altri Paesi ed economie.
Nelle regioni del Nord-ovest gli high performer in literacy sono il 9,2% degli adulti, valore non dissimile alla media OCSE. La quota si riduce nel Nord-est e nel Centro (5,7% e 6,4%). Ed è meno del 2% nelle regioni di Sud e Isole, non lontano da Cile e Lituania, ultimi tra i Paesi per quota di adulti high performer. La percentuale di high performer in numeracy resta significativamente inferiore a quella media Ocse per tutte le macroaree italiane. Ma l’intensità è diversificata: il 9,3% nel Nord-ovest, l’8% circa nel Nord-est e nel Centro (7,9% e 7,5%), nonché il 2,1% nel Mezzogiorno.
In tutte le macroaree italiane la quota di high performer in problem solving adattivo rimane significativamente al di sotto della media OCSE, con il valore più alto, pari a 1,7%, rilevato nel Nord-ovest.
Risultati che devono essere comunque analizzati insieme ai dati sulla distribuzione della popolazione rispetto ai livelli di istruzione. In Italia solo il 20% delle persone di 25-65 anni ha un livello di istruzione pari o superiore alla laurea. Circa il 38% ha un titolo di studio inferiore al diploma.
Inoltre la quota di laureati è significativamente inferiore alla percentuale riscontrabile nella media Ocse e in molti Paesi partecipanti al PIAAC (Canada, Corea, Danimarca, Estonia, Fiandre, Israele, Norvegia e Nuova Zelanda raggiungono una quota superiore al 50%).
riflessioni finali dell’Ocse
Il legame tra competenze e benessere economico, sociale e democratico è profondo e cruciale, sia a livello individuale che collettivo. I dati sono ulteriormente rafforzati dalla rivoluzione digitale e dalla diffusione delle tecnologie, con un ruolo di primo piano per l’intelligenza artificiale.
Il rapporto Ocse pone l’accento sull’importanza cruciale dell’investimento in competenze, evidenziando che questo tema non è ancora adeguatamente esplorato per favorire una rapida diffusione di politiche e buone pratiche. In questo contesto, il rapporto sottolinea la necessità di ripensare l’approccio all’apprendimento permanente e all’occupabilità. Non si tratta solo di aumentare i finanziamenti, ma di creare maggiori opportunità per aggiornamento e riqualificazione, con particolare attenzione ai lavoratori meno qualificati.
In definitiva, i risultati dell’indagine evidenziano l’urgenza di una revisione profonda delle strategie nazionali per lo sviluppo delle competenze. Investire in questo ambito significa costruire una forza lavoro più resiliente e inclusiva, capace di sostenere una prosperità condivisa per tutti.