La corsa al deterrente nucleare sta diventando una nuova priorità strategica. Inevitabile chiedersi se la Francia possa rappresentare una valida alternativa all’arsenale nucleare degli Stati Uniti
Nel discorso del 5 marzo, Emmanuel Macron ha aperto un dibattito strategico sulla possibilità di condivisione della propria deterrenza nucleare (dissuasion partagée) con gli Stati dell’Unione Europea. Tuttavia, l’estensione dell’ombrello nucleare richiede un profondo ripensamento della strategia di sicurezza e delle dottrine comunitarie. La Francia sarebbe disposta a impiegare le proprie armi nucleari per proteggere i paesi dell’UE o della NATO, ma una tale mossa comporterebbe dei rischi cruciali, come un potenziale attacco militare o ricatti strategici da parte della Russia – che dispone di circa 5.580 testate nucleari. La variabile fondamentale ruota attorno all’eventualità di un ritiro delle forze statunitensi dal continente, eventualità che seppur remota, avrebbe conseguenze rilevanti per l’Europa e le sue priorità strategiche.
La deterrenza nucleare statunitense e le incognite di Trump
La presenza delle armi atomiche statunitensi sul suolo europeo risale al periodo della Guerra Fredda e ancora oggi garantisce al continente una solida deterrenza nucleare nei confronti della vicina Russia. Attualmente sono presenti nel continente circa 100 ordigni nucleari tattici di tipo B61, una bomba che può essere montata sui cacciabombardieri. I paesi ospitanti sono Belgio, Paesi Bassi, Germania, Turchia e Italia, in particolare nelle basi di Ghedi e Aviano. Nel caso di Italia e Germania gli ordigni sarebbero montati su caccia di tipo Tornado.
Ombrello nucleare, le minacce russe e l’Europa
Le frequenti minacce da parte della Russia di utilizzare le proprie armi nucleari, insieme alla nuova dottrina adottata a fine 2024 e alle ambiguità statunitensi, hanno costretto i paesi europei a riaprire il dibattito sulla bomba. Un’Europa sguarnita della deterrenza nucleare è uno scenario rischioso dal punto di vista militare e strategico, poiché esporrebbe ulteriormente i Paesi europei all’aggressività russa.
Ombrello nucleare, paure e realtà
Occorre però domandarsi quanto sia realistico un completo ritiro statunitense dal continente europeo. Nonostante l’avvicinamento di Trump alle posizioni del Cremlino e le dichiarate intenzioni di ridurre le forze convenzionali in Europa, un ritiro delle armi nucleari americane è alquanto improbabile, se non controproducente per gli obiettivi del tycoon in merito alle relazioni con la Russia.
Ombrello nucleare, un ritiro Usa appare improbabile
Un eventuale ritiro potrebbe essere interpretato dalla Russia come segno di disinteresse verso gli affari europei, se non addirittura di debolezza. Mosca potrebbe quindi sentirsi più libera di perseguire i propri obiettivi nel suo estero vicino, contando sul non intervento americano e la debolezza dei Paesi europei, eventualità che renderebbe l’Europa più instabile, l’opposto di ciò a cui Trump mira.
Ipotesi offshore balancing
L’ipotesi più probabile è piuttosto un assetto di offshore balancing piuttosto che di un totale retrenchment: mantenere quindi una presenza (seppur minima) in Europa per controbilanciare la Russia, che rimane ancora oggi un competitor per gli USA. Washington continuerebbe sulla via del burden sharing, che ha connotato la Grand Strategy americana a partire dai primi anni 2010, spingendo l’Europa a farsi carico della propria difesa mantenendo una presenza nucleare sul continente.
Ombrello nucleare, Francia tra autonomia e difesa
Il futuro del nucleare è in fase di definizione, e Macron non intende rimanere uno spettatore passivo. La Francia, unica potenza nucleare dell’Unione Europea e seconda esportatrice mondiale di armi nel periodo 2020-2024, sta consolidando la propria autonomia strategica ed energetica. Difatti, nel territorio transalpino sono distribuite 290 testate nucleari e 19 centrali, che ospitano 56 reattori operativi. Il parco nucleare soddisfa autonomamente il 65.5% del mix energetico nazionale e l’Eliseo ambisce a ridurre maggiormente la dipendenza dalle importazioni di uranio dagli Stati africani, come il Niger, e dal Canada.
Force de frappe autosufficiente
Tuttavia, la dissuasione nucleare, o force de frappe, resta autosufficiente, conferendo un significativo vantaggio alla Francia, soprattutto in un assetto internazionale in cui l’energia gioca un ruolo strategico sia come risorsa sia come bersaglio. Per capitalizzare su questo potenziale, nel 2022 il presidente Macron ha rinnovato la sua fiducia verso l’energia nucleare, annunciando la costruzione di sei nuovi reattori entro il 2050 – un piano innovativo che richiede un finanziamento complessivo di 46 miliardi di euro.
La Francia mantiene costi contenuti
Di fronte alle significative sfide economiche, l’autonomia nucleare francese riesce a mantenere costi relativamente contenuti. Infatti, secondo le stime del Global Nuclear Weapons Spending, nel 2023 Parigi ha destinato 6,1 miliardi di dollari all’ambito nucleare – una cifra modesta se confrontata con i 51.5 miliardi di dollari investiti da Washington. Questo disallineamento rispecchia le diverse priorità strategiche dei due governi, oltre all’approccio francese più sostenuto e in grado di sviluppare un programma nucleare ambizioso e sicuro, senza compromettere la stabilità finanziaria. La force de frappe assume un ruolo prioritario nella politica energetica e di difesa dell’Eliseo, ma la sfida sarà il reperimento del budget necessario per i nuovi reattori e per sostenere l’indipendenza atomica.
Ombrello nucleare, il fulcro della difesa
La dissuasione nucleare non è solo una questione di investimenti, ma è il fulcro della sicurezza e della difesa transalpina. Pur essendo membro della NATO, la Francia mantiene il controllo esclusivo sul proprio arsenale nucleare, a differenza del Regno Unito, le cui forze nucleari rientrano nella struttura di comando militare integrata dell’Alleanza e sono soggette alla discrezionalità statunitense. Invece, la force de frappe è autonoma e non adotta la politica di “No First Use”, garantendo una reazione immediata, tramite armi nucleari o convenzionali, a qualsiasi attacco che possa minacciare gli interessi vitali nazionali.
Ombrello nucleare, il principio di permanenza
La deterrenza nucleare è guidata dal principio di permanenza: deve essere continua e senza interruzioni, anche in tempi di pace. Questo è assicurato dalla pattuglia costante dei suoi 4 sottomarini nucleari lanciatori di missili (SNLE), non rilevabili, con 16 missili balistici M51, ciascuno dotato di multiple testate nucleari. Oltre alla componente navale, la Francia dispone di forze aeree strategiche (o FAS), precise e flessibili, basate su due squadroni di Rafale, ossia una quarantina di aerei, capaci di incursioni a lunga distanza e dotati di 54 missili. In seguito al crollo del Patto di Varsavia, Parigi ha mantenuto un arsenale minimo, sufficiente per garantire la sicurezza geopolitica senza imbattersi in una corsa agli armamenti.
Da anni, la Francia sottolinea come i propri interessi vitali abbiano invece una dimensione europea, rilanciando recentemente il dibattito sulla possibilità di integrare la propria deterrenza nucleare con la sicurezza continentale.
La Force de frappe come sostituta del nucleare statunitense?
La possibilità che l’ombrello nucleare francese venga esteso al resto d’Europa incontra due ostacoli principali, di tipo pratico e di natura politica. Dal punto di vista militare e strategico, l’estensione dell’ombrello nucleare francese ad altri paesi europei sarebbe alquanto complessa e richiederebbe un ripensamento quasi totale della dottrina. L’arsenale francese infatti, come quello inglese, è stato pensato come complementare a quello statunitense all’interno della postura strategica americana in Europa. Due arsenali pensati in primis per difendere gli interessi vitali dei rispettivi paesi, e solo in un secondo momento dispiegabili per difendere il continente europeo.
Ombrello nucleare, la Francia ha un numero di ordigni limitato
Occorre anche fare un mero calcolo numerico, il numero di ordigni a disposizione della Francia sono decisamente meno di quelli di Washington. L’estensione dell’ombrello nucleare francese dipende anche dalla volontà politica dei Paesi europei. Se è vero che la deterrenza è essenziale per il continente, le divergenze tra i leader europei sulla roadmap del riarmo potrebbero rappresentare un ostacolo importante.
Ombrello nucleare, le reazioni europee
La proposta di Macron è stata accolta, seppur cautamente, da vari Stati europei come Svezia, Danimarca e Paesi Baltici. L’apertura più rilevante è sicuramente quella del Cancelliere tedesco in pectore Merz, interessato ad aprire colloquio sulla condivisione delle armi nucleari. Una collaborazione che potrebbe significare un ritorno dell’asse franco-tedesco. Da parte italiana invece non sono arrivate dichiarazioni da parte della Presidente Meloni.
Proposta Macron in un momento cruciale
La palla lanciata da Macron arriva in un momento cruciale per il futuro della difesa europea e molto probabilmente stimolerà dibattiti nei mesi a venire. Non è certamente la prima volta che la Francia si pone come volano dell’integrazione europea, è un connotato della grandeur francese in politica estera.
L’alternativa francese al deterrente nucleare statunitense potrebbe rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa, solo attraverso il superamento delle resistenze e l’adozione di una visione comune. La spinta francese, quindi, è realizzabile tramite un ampio consenso politico-militare volto al potenziamento della difesa europea, senza escludere i legami transatlantici.
Fonte: Geopolitica.info