domenica, 23 Febbraio 2025

Trump-Musk: sognano Marte ma intanto tagliano il budget

Ambizioni lunari e marziane si scontrano con severe restrizioni di budget. Il Project 2025 preannuncia una svolta aggressiva nella militarizzazione dello spazio, mentre programmi scientifici rischiano l’eliminazione

Virginia Dotto

L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha segnato l’inizio di una nuova era per le politiche spaziali del paese, con un ruolo centrale affidato a Elon Musk, il visionario imprenditore alla guida di SpaceX. La politica spaziale del duo Trump-Musk oscilla tra sogni di gloria interplanetaria e la necessità di tagli draconiani al bilancio.

Trump-Musk la politica spaziale Usa

Da un lato, l’amministrazione Trump ha promosso una visione audace di esplorazione spaziale, con obiettivi ambiziosi come il ritorno sulla Luna e la missione su Marte. Dall’altro, le potenziali riduzioni di fondi e riorganizzazioni che potrebbero influenzare profondamente il futuro della NASA e dell’industria spaziale privata.

“Oggi è nata una stella, Elon”. Queste sono state alcune tra le primissime parole pronunciate da Donald Trump la notte tra il 4 ed il 5 novembre scorso, in occasione del suo “Victory speech”, non appena giunta la certezza matematica di come la sua terza corsa alla presidenza degli Stati Uniti si sarebbe conclusa nuovamente al primo posto, come già accaduto per la prima.

Trump-Musk e il ruolo privilegiato di alcune scelte

Ciò che conferisce il valore ad una parola, oltre ad essa in sé e per sé, è quando e dove questa viene pronunciata o inserita all’interno di un discorso; il fatto che il riferimento ad Elon (Musk, ndr) abbia goduto di una posizione così privilegiata all’interno del panegirico che il neoeletto presidente ha rivolto ai suoi sostenitori dovrebbe aiutarci a comprendere l’importanza che la politica spaziale è destinata a ritagliarsi nel termine del futuro presidente degli USA. I recenti progressi della Cina, tra cui una missione lunare con equipaggio prevista per l’inizio del 2030, sottolineano le ambizioni di Pechino di diventare una superpotenza spaziale, sfidando la leadership degli Stati Uniti.

Trump-Musk: Politiche spaziali Usa e multilateralismo

Se si riporta lo sguardo al primo mandato di Trump, questo ha portato alcuni cambiamenti piuttosto drastici al programma spaziale a stelle e strisce: citiamo soprattutto l’istituzione nel 2017 del Consiglio nazionale spaziale della Casa Bianca, alla guida del Vicepresidente Mike Pence con il veterano Scott Pace, esperto di politica spaziale, come segretario esecutivo e, nel 2019, la creazione della Space Force (USSF); la sesta branca delle forze armate statunitensi e la prima al mondo nel suo genere. La strategia geopolitica spaziale della Casa Bianca nel tempo si è giocata essenzialmente su due pilastri: multilateralismo e capacità reattiva. Relativamente al primo aspetto, gli Stati Uniti hanno da tempo costruito una rete di alleanze nello spazio, che riflette la necessità reciproca di condividere la sicurezza in un dominio di criticità vitale.

L’esempio della coalizione Olympic Defender

Gli Stati Uniti, attraverso lo Space Command, mantengono attualmente oltre 185 accordi per la Space Situation Awareness (SSA) con partner commerciali, istituzioni accademiche e governi alleati. Questi accordi mirano a monitorare la posizione di satelliti, oggetti e detriti spaziali che potrebbero rappresentare una minaccia per le missioni satellitari o umane nell’orbita terrestre[1]. Un esempio di collaborazione internazionale in questo ambito è la coalizione “Olympic Defender”, creata per favorire la condivisione di informazioni tra alleati, al fine di prevenire e contrastare eventuali azioni ostili nello spazio[2]; ad oggi questa coalizione conta la partecipazione di Canada, Regno Unito, Nuova Zelanda, Germania e Francia.

Trump-Musk: limitazioni pratiche allo scetticismo

È dunque possibile che le cose possano cambiare adesso? Non proprio: nell’intervista concessa a SpaceNews, il tenente generale John Shaw, vicecomandante del Comando spaziale statunitense dal 2020 al 2023, ha affermato come lo scetticismo di Trump nei confronti delle alleanze internazionali potrebbe incontrare limitazioni pratiche nel settore spaziale e di come un eventuale smantellamento di queste o la limitazione dei partenariati potrebbe indebolire gli sforzi degli Stati Uniti, complicando potenzialmente il funzionamento dei satelliti[3].

l’esempio degli Artemis Accords

Del resto, proprio gli Artemis Accords sono un esempio magistrale di cooperazione internazionale a guida USA, nati proprio sotto la stella trumpiana. Questi a gennaio 2025 contano ben 43 paesi sottoscrittori diversi tra i vari continenti, impegnati in una missione di utilizzo dello spazio per scopi pacifici, di trasparenza, assistenza, interoperabilità e condivisione di risorse e risultati scientifici: rinunciare o anche incespicare su questa iniziativa non sarebbe conveniente in un’ottica di competizione globale. Inoltre, lo sforzo statunitense verso Marte non può al momento essere scevro dei partner europei e del Giappone, i quali condividono programmi chiave con la NASA (Exxomars con ESA e MMX con JAXA).

Trump-Musk e il tema del confronto con la Cina

Sempre Shaw ha affrontato il tema del confronto con la Cina: “Credo che la nuova amministrazione sarà piuttosto aggressiva nei confronti dello spazio”, ha detto Shaw, sottolineando l’interesse di Trump in quanto presidente che ha istituito la Forza spaziale statunitense nel 2019. “È probabile che questo interesse non diminuisca, soprattutto se la Cina avanza nelle sue ambizioni spaziali”. Questo non può che non implicare un maggiore sforzo verso la nuova corsa alla Luna, in una riedizione del duello USA-URSS degli anni ’60. Gli sforzi dei potenziali avversari per sfidare gli Stati Uniti rimarranno un fattore chiave nella politica spaziale della sicurezza nazionale, ha aggiunto Shaw. “Non credo che le minacce diminuiranno”, ha detto, riferendosi allo sviluppo di armi spaziali cinesi e russe[4].

Trump Musk: Una maggiore iniziativa operativa militare

Relativamente alle crescenti tensioni globali, il concetto di reattività non deve essere confuso con quello di passività: gli Stati Uniti hanno puntato su capacità antisatellite cinetiche ed informatiche già da decenni (il primo missile sat-killer fu lanciato già nel 1985), la dottrina però fino ad adesso è stata quella di un uso solamente difensivo e proporzionale nell’eventualità di un’esplicita azione ostile, senza mai comunque procedere ad una distruzione effettiva di manufatti spaziali di altri paesi, almeno per ciò che è permesso sapere pubblicamente.

Il Project 2025

Esiste però un documento interessante che potrebbe aiutarci a capire, almeno in parte, la direzione della prossima amministrazione statunitense: il Project 2025. Il Progetto 2025 è un documento di 900 pagine pagine rilasciato dal think thank conservatore Heritage Foundation e presentato come potenziale agenda programmatica per il governo entrante. Sebbene Trump non abbia approvato l’intera portata del Progetto, molte proposte riecheggiano le sue politiche del primo mandato e la retorica della campagna elettorale, inducendo gli analisti a prevedere che il presidente entrante potrebbe incorporarne alcune parti nell’approccio della sua amministrazione[5].

Trump-Musk e la deterrenza nello spazio

Al centro della visione della difesa del Progetto 2025 c’è l’invito alla USSF ad adottare strategie “offensive”, sottolineando la necessità per l’America di dimostrare una maggiore capacità di deterrenza nello spazio. Il riferimento in questo caso è ad azioni di disturbo e sabotaggio preventive, (come hackeraggio, jamming o disturbo delle traiettorie orbitali con altri oggetti), da intraprendere con un’intraprendenza pari a quella dimostrata da Russia e Cina, più che ad effettivamente azioni cinetiche e distruttive. Cionostante, la Cina ha accelerato i suoi investimenti nella tecnologia spaziale sia civile che militare, dispiegando missili anti-satellite (ASAT) e sistemi satellitari avanzati che, secondo molti esperti, potrebbero sfidare il dominio degli Stati Uniti in questo settore critico. Anche la Russia ha sviluppato tecnologie in grado di disabilitare o intercettare i satelliti, alzando la posta in gioco per le risorse americane che svolgono ruoli vitali nelle comunicazioni militari e civili e nelle capacità di allerta.

Trump-Musk: M. il figlio del millennio

L’imminente transizione presidenziale sarà diversa da qualsiasi altra nella storia recente della NASA (ricordiamo che per le agenzie federali USA vale il sistema dello spoil system, per cui i vertici di queste vengono azzerati ogni cambio di presidenza), grazie soprattutto all’influenza chiave di Elon Musk e del sodalizio che lo lega a Donald Trump. I protagonisti delle passate transizioni di entrambi i partiti hanno affermato che la prossima amministrazione Trump potrebbe esaminare aspetti chiave della NASA, compreso il suo approccio al volo spaziale umano, per accelerare i progressi o ridurre i costi. In qualità di membro della nuova commissione governativa per l’efficienza (DOGE), Musk dovrà formulare raccomandazioni sui tagli da effettuare. Alla domanda sulla magnitudine dei tagli in programma, Musk ha risposto “almeno 2.000 miliardi di dollari”. Il resto del bilancio di circa 6.500 miliardi di dollari è costituito da spese “obbligatorie” per programmi come Medicare e Social Security.

Trump-Musk: dubbi sul bilancio richiesto dalla Nasa

La dichiarazione di Musk potrebbe essere stata un’iperbole, ma le prospettive di un sollievo dai tagli imposti dalla legge sulla responsabilità fiscale dello scorso anno sembrano scarse e fanno dubitare circa l’approvazione del bilancio 25,4 miliardi di USD richiesto dalla NASA al Congresso per il 2025[6]. Resta da vedere se i repubblicani del Congresso continueranno a chiedere la riduzione del debito con Trump di nuovo alla Casa Bianca – non è stato un problema nel primo mandato di Trump, quando ha aggiunto 8,4 trilioni di dollari al debito – ma se così sarà, significherà tagli ad altri programmi della NASA. Nella misura in cui Musk è incaricato di formulare raccomandazioni su dove tagliare, ha un interesse personale in molti programmi della NASA.

Trump-Musk e il nodo delle attività spaziali commerciali

SpaceXè il secondo maggior appaltatore della NASA con 2,25 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2023, subito dopo il California Institute of Technology che gestisce il JPL. Oltre ad Artemis, SpaceX fornisce servizi di lancio, consegna carichi ed equipaggi alla Stazione Spaziale Internazionale, utilizza la ISS come destinazione per missioni di astronauti privati e sta costruendo il veicolo di deorbita statunitense da 1,5 miliardi di dollari[7]. Un’altra area in cui Musk potrebbe essere influente è il sistema di regolamentazione governativo per le attività spaziali commerciali. Musk ha ripetutamente criticato il processo normativo dell’Ufficio per il trasporto spaziale commerciale della FAA, in particolare il tempo necessario per ottenere l’approvazione.

Trump-Musk: i rapporti tesi con la Noaa

Inoltre, si oppone a molte delle norme ambientali che limitano le attività del sito di lancio di SpaceX a Boca Chica, in Texas. La NOAA, che fa parte del Dipartimento del Commercio, ospita l’Office of Space Commerce, che regolamenta i satelliti commerciali per il telerilevamento e si occupa di fornire dati e servizi di base per la conoscenza della situazione spaziale agli operatori satellitari non militari. Il destino della NOAA nel secondo mandato di Trump è incerto. Trump ha avuto rapporti tesi con la NOAA durante il suo primo mandato e alcuni dei suoi sostenitori non sono timidi nell’augurarsi uno scioglimento dell’agenzia[8].

Trump-Musk e il futuro della NASA

Non è solamente la figura di Musk quella da monitorare per prevedere il futuro della NASA; lo scacchiere non può essere completo senza considerare altri due nomi, forse in questo caso ancora più rilevanti del miliardario sudafricano: ossia Jared Isaacman e Russel Vought. Il primo è il prescelto da Trump per ricoprire il ruolo di Direttore Generale della NASA: miliardario, filantropo e socio in affari di Musk, egli ha già compiuto due voli spaziali: il primo del 2021 come comandante della missione Inspiration4 a bordo della Crew Dragon Resilience, il secondo nel 2024 sempre al comando, tramite la prima missione del programma Polaris Dawn, diventando il primo cittadino privato in assoluto a svolgere una passeggiata spaziale; tutte missioni svolte sotto l’egida di SpaceX.

La figura di Isaacman un segnale positivo per l’industria spaziale privata

La sua figura rappresenta un chiaro segnale positivo per l’industria spaziale privata, la quale in lui troverà l’anello di congiunzione con il settore pubblico.
Da lui dipenderanno scelte critiche per il futuro dell’esplorazione spaziale, come il destino dell’SLS (indietro nei programmi e giudicato insostenibilmente costoso), che si lega a doppio filo agli eventuali futuri successi di Starhip e del futuro dello stesso programma Artemis.

L’altro nome da tenere d’occhio per la Nasa

Russel Vought è il secondo nome da tenere d’occhio: egli è stato il direttore generale dell’Office of Management and Budget (OMB, l’ufficio che si occupa della redazione del budget presidenziale ed esamina anche i programmi, le politiche e le procedure delle agenzie per verificarne la conformità alle politiche del President) nel 2020-2021 ed è altamente quotato per ricoprire questo ruolo nuovamente. Conservatore dalle posizioni radicali, è uno dei fautori principali del Project 2025. Con lui in sella, il budget NASA rischia di subire degli importanti ridimensionamenti, specie per quanto riguarda quei progetti ritenuti non profittevoli (di nuovo, l’SLS è l’indiziato principale) ma anche relativamente al numero del personale impiegato nelle agenzie federali, NASA inclusa.

Trump-Musk e i nodi di bilancio della Nasa

In totale, il programma di volo spaziale umano della NASA rappresenta circa la metà del budget destinato ad essa. Per quanto riguarda gli altri programmi della NASA, la prima amministrazione Trump ha cercato anno dopo anno di cancellare i principali progetti di scienze della terra della NASA, uno dei programmi di astrofisica (WFIRST, ora noto come Roman Space Telescope) e il programma di impegno STEM. Il Congresso li ha salvati ogni volta, aggiungendo di solito fondi al bilancio della NASA per compensare i costi aggiuntivi. Se lo faranno di nuovo è una questione aperta, ma con il bilancio scientifico della NASA già messo a dura prova, le prospettive sono preoccupanti se la riduzione del debito dovesse rimanere un obiettivo chiave dei repubblicani[9].

Trump-Musk: i sogni e i tagli

Del resto, andare sia sulla Luna (obiettivo NASA) che su Marte (obiettivo di Musk) in quattro anni sembra essere un’impresa oltre il titanico, ma la nuova amministrazione non sembra voler rinunciare a sognare, adoperandosi a tagliare o ad affidare ai privati tutto ciò che non rientri in questa visione.

Fonte Agenda Digitale

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