We Are Who We Are

8 episodi, miniserie, 2020
di Luca Guadagnino, Paolo Giordano, Francesca Manieri

HBO | SKY Atlantic

Di tanti teen drama che affollano il panorama delle serie tv, We Are Who We Are è non solo da vedere, ma anche da respirare. Sembra di averlo nel naso l’odore della laguna, che rende piatta la pur folle quotidianità dei due protagonisti e dei loro amici, americani adolescenti che vivono in una base militare statunitense a Chioggia.

Il tempo della narrazione è il 2016, anno di addestramento dei soldati americani da mandare in Afghanistan. Si vive e si muore, si mangia e si corre, si fa sesso (i genitori, a partire dalle due mamme di Fraser, ma anche i ragazzi, che riescono a vivere il sesso come uno dei tanti momenti di condivisione multipla) e si scopre la propria identità fluida, in cui il genere è l’ultimo dei pensieri, e radersi i capelli o simulare di avere la barba è naturale come ascoltare musica e ballare.
Si piange e si ride, si pensa e ci si ubriaca e ci si droga, ci si innamora e si tace.

La vita e le puntate scorrono lente eppure in apnea dentro e fuori dalla base militare, in un susseguirsi di giorni e notti in cui i personaggi si avvicinano e si allontanano davanti ad una cam che a volte diventa battito cardiaco, altre fermo immagine, altre ancora slide show.

La regia e la fotografia sono pura poesia. Innovativa, creativa, con soluzioni che richiamano le velocità e le lentezze del vivere adolescenziale. E quando si arriva a Bologna, nell’ultima puntata, si vorrebbe tornare indietro, rivivere ogni attimo, comprese le sottotitolature scritte come in un fumetto avveniristico. O di decenni fa, che è uguale.

Grandissima prova, questa di Guadagnino: We Are Who We Are è molto credibile, come ciascuno dei personaggi. E viene voglia di una seconda stagione, che pur non ha ragione di essere.

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