Lavoro: salari e tredicesime al Nord quasi doppi rispetto al Sud

L’indagine sul mondo del lavoro nel settore privato presentato dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre sottolinea l’evidente disparità salariale

Le disparità salariali tra i lavoratori dipendenti privati del Nord e quelli del Sud sono evidenti: i primi ricevono uno stipendio di circa 2.000 euro lordi al mese, mentre i secondi si fermano a circa 1.350. In sostanza, al Nord si guadagna quasi il 50% in più, pari a 8.450 euro lordi annui.

Mappa provinciale delle retribuzioni medie lorde mensili (anno 2023)

Anche la tredicesima mensilità di dicembre riflette questo divario. Nonostante l’abolizione delle gabbie salariali nel 1972 e oltre 50 anni di Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), le differenze retributive regionali restano marcate, sebbene l’obbiettivo sia stato parzialmente raggiunto a livello settoriale. Queste disuguaglianze sono legate al costo della vita e alla produttività, più elevati al Nord, e alla prevalenza di contratti a termine nel Sud. Inoltre, la concentrazione di multinazionali e grandi gruppi industriali, che offrono stipendi più alti, è maggiore nelle aree urbane del Nord. Questa analisi è stata effettuata dall’Ufficio studi della CGIA, Ufficio studi della Cgia di Mestre.

i numeri del lavoro privato nel 2023

Nel 2023, il monte salari ha raggiunto 411 miliardi di euro: le buste paga sono aumentate del 3,5%, ma l’inflazione del 5,6%.
Nel 2023 i 17,3 milioni di lavoratori dipendenti privati in Italia hanno ricevuto un monte salari lordo di 411,3 miliardi di euro, con una retribuzione media mensile lorda di 1.820 euro, un aumento del 3,5% rispetto al 2022. Tuttavia, l’inflazione è cresciuta del 5,7% nello stesso periodo. Inoltre, oltre il 60% delle retribuzioni complessive è stato destinato ai lavoratori del Nord.

Stipendi top a Milano, Vibo Valentia fanalino di coda

Milano si conferma l’area con gli stipendi medi più alti in Italia, con una retribuzione mensile media di 2.642 euro nel 2023. Seguono i dipendenti di Monza-Brianza con 2.218 euro e le province lungo la via Emilia: Parma con 2.144 euro, Modena con 2.129 euro, Bologna con 2.123 euro e Reggio Emilia con 2.072 euro. Tra le province del Mezzogiorno, Chieti è la più alta in classifica, al 55° posto, con uno stipendio medio di 1.598 euro. Le province con le retribuzioni più basse includono Trapani (1.143 euro), Cosenza (1.140 euro) e Nuoro (1.129 euro), con Vibo Valentia all’ultimo posto nazionale a 1.030 euro.

Le retribuzioni medie lorde mensili per territorio di lavoro (regioni, ripartizioni ed estero)

A dicembre, i lavoratori italiani ricevono un doppio stipendio grazie alla tredicesima, introdotta nel 1960. Anche se la gratifica natalizia è soggetta a una tassazione più alta, quest’anno 4,6 milioni di lavoratori con redditi sotto i 28.000 euro e almeno un figlio a carico ricevono un bonus di 100 euro netti.
Quest’anno, nonostante le difficoltà di alcuni settori, la tredicesima viene pagata senza problemi significativi. Anche in settori come l’automobile, la moda, il legno-arredo e la meccanica, non si segnalano ritardi rilevanti. Molte piccole e medie imprese, soprattutto nei settori in difficoltà, scelgono di chiudere tra Natale ed Epifania, concedendo ai dipendenti ferie accumulate. Si spera che il nuovo anno porti un miglioramento economico.

Va incentivato il contratto di secondo livello

Come accennato in precedenza, l’applicazione dei CCNL ha solo parzialmente raggiunto gli effetti desiderati. Le disuguaglianze salariali tra le diverse aree geografiche persistono e, in alcuni casi, sono persino aumentate. Nel settore privato, le multinazionali, le società di servizi pubblici, le imprese di medie e grandi dimensioni, così come le società finanziarie, assicurative e bancarie, non solo offrono stipendi superiori alla media, ma possiedono anche una forza lavoro con un’alta percentuale di professionisti qualificati come manager, dirigenti, quadri e tecnici, che ricevono stipendi elevati grazie al loro alto livello di istruzione.
In Italia le disuguaglianze salariali geografiche sono significative. Tuttavia, grazie alla prevalente contrattazione centralizzata, i differenziali intra-settoriali sono meno pronunciati rispetto ad altri Paesi. Al contrario, la limitata diffusione della contrattazione decentrata in Italia, a differenza ad esempio della Germania, impedisce ai salari reali di adeguarsi all’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale. Questo ha portato a notevoli differenze retributive medie rispetto ad altri Paesi, penalizzando in particolare i lavoratori del Nord.

Sono ancora pochi i lavoratori che beneficiano della contrattazione di secondo livello. Nell’analisi statistica sulla contrattazione decentrata realizzata dall’ISTAT, solo il 23,1 per cento delle imprese con almeno 10 dipendenti del settore privato applica un contratto decentrato. Si stima che i lavoratori coinvolti sarebbero il 55 per cento dei dipendenti totali delle imprese con almeno 10 addetti, pari, in termini assoluti, a 5,6 milioni di lavoratori. L’ISTAT, comunque, precisa che questi lavoratori non possono essere considerati come la platea esatta dei dipendenti coperti dalla contrattazione decentrata, in quanto, non tutti gli addetti potrebbero essere interessati dall’applicazione di questa misura.

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