Ex cervelli in fuga, il ritorno in Italia per nostalgia (e non solo)

Secondo l’Istat nel 2021 i rimpatri dei cittadini italiani sono stati pari a 75mila, in aumento del 34% rispetto al 2020 e del 10% rispetto al periodo pre pandemico


Partire e restare, partire e ritornare. Chi dice emigrazione dice anche storie di chi dopo una lunga esperienza all’estero “ricalcola il percorso” e fa ritorno al Paese d’origine: forte di una esperienza che arricchisce professionalmente, culturalmente e umanamente l’ex “il cervello in fuga” decide di rimettersi in gioco lì dove è nato, cresciuto o ha studiato. Motivi personali, affettivi, voglia di casa, voglia di Italia, il desiderio di sentirsi al sicuro o meno solo, la Brexit, il Covid: le motivazioni legate ai rimpatri sono diverse, certo è che negli ultimi anni il rientro degli italiani dall’estero ha rappresentato un trend. Secondo l’Istat nel 2021 i rimpatri dei cittadini italiani sono stati pari a 75mila, in aumento del 34% rispetto al 2020 e del 10% rispetto al periodo pre pandemico.

IL CASO UMBRIA Gli ultimi numeri che mettono in  luce il fenomeno del rientro degli italiani dall’estero arrivano dalla Camera di Commercio dell’Umbria che proprio nei giorni scorsi ha presentato i nuovissimi dati dell’Istat sulla mobilità infraregionale e internazionale dei cittadini italiani rilevando una forte frenata nel 2021 dei laureati umbri che lasciano la regione per andare a vivere e lavorare all’estero trasferendovi la residenza (-43,5% sul 2020) e, allo stesso tempo, un netto aumento dei laureati italiani che dall’estero hanno trasferito  la loro residenza in Umbria (+50,3%). Stessa tendenza, ma meno forte, l’Istat la registra anche nella media nazionale, dove i trasferimenti di laureati per l’estero nel 2021 scendono del 20,3% (contro il -43,5% dell’Umbria) e i laureati italiani che dall’estero ritrasferiscono la residenza in Italia aumentano del 31% (contro il +50,3% dell’Umbria). In altre parole, la fuoriuscita dei laureati dall’Umbria nel 2021 rispetto al 2020 è crollata di oltre il doppio rispetto alla media nazionale, mentre il numero dei laureati italiani che dall’estero hanno trasferito la loro residenza in Umbria è cresciuto del 60% in più rispetto al dato italiano. “I dati – afferma il Presidente della Camera di Commercio Giorgio Mencaroni,– configurano quindi una svolta improvvisa, sulla quale sarà necessario effettuare approfondimenti per comprenderne a fondo la cause e lavorare perché sia duratura”. Mencaroni traccia quindi i motivi essenziali che potrebbero stare dietro la svolta migratoria umbra dei laureati nel 2021: “Innanzitutto – scandisce il Presidente – la crescita, medicina che guarisce sempre molte malattie economiche e sociali, o quantomeno le lenisce. Nel 2021 l’economia italiana è cresciuta del 6,7% e quella dell’Umbria del 7,1%. Un incremento che ha aumentato le opportunità occupazionali anche per i laureati, perché inserita nel processo di transizione digitale ed ecologica dell’economia e della società italiane, dove si aprono spazi molto importanti anche per le persone con livelli di istruzione più elevati. Un segnale ben colto anche dai laureati italiani all’estero, come dimostra l’aumento degli ingressi in Italia, che in pratica sono dei ritorni dal Paese da cui si era partiti”. Non solo: “La trasformazione delle nostre imprese verso modelli più innovativi e più orientati all’esportazione, quindi più competitivi, che necessitano di un maggior numero di persone laureate, adatte a svolgere compiti professionali più avanzati”. Senza dimenticare“i segnali di un avanzamento del welfare aziendale, per poter attirare professionalità che si ha molta difficoltà a reperire. Le aziende sanno che oggi la qualità del lavoro, e quindi la qualità dell’azienda, come la qualità dell’imprenditore o dell’imprenditrice, è un fattore determinante per poter attirare lavoratori. E questo riguarda tutte le professionalità, da quelle meno a quelle più complesse”. “E qui – va avanti Mencaroni – si apre il capitolo della qualità più complessiva della vita, non solo sul lavoro. Le persone vogliono più tempo per sé, o anche se lavorano lo stesso tempo lo vogliono più organizzato per poter migliorare la propria qualità della vita”.

LA QUALITA’ DELLA VITA Le persone vogliono poter migliorare anche la propria qualità della vita. È proprio questo che ha spinto molti italiani a rientrare: la qualità della vita, su cui il Belpaese ha molto da spendere in termini di appeal, può attirare a sé gli ex “cervelli in fuga”.  Inoltre, secondo I’Harvard Study od Adult Development a rendere appagante la vita non sarebbe tanto il denaro quanto la vita sociale e affettiva, la qualità dei legami.  “Appagante non significa, relativamente alla percezione della propria vita, facile, soddisfacente, interessante, eppure, proprio per il suo essere appagante, possiede qualcosa di più… è una vita in cui si sta bene, in cui anche i momenti inevitabilmente problematici vengono affrontati con una dose di resilienza che non abbatte, ma mette in moto energie interiori” spiega la dottoressa Anna Maria Coramusi, sociologa e vicepresidente Nazionale Ans (Associazione Nazionale Sociologi) e presidente Ans Lazio. “La Piramide di Abram Maslow relativa alla gerarchia dei bisogni, dai più elementari, necessari alla sopravvivenza, a quelli più immateriali, colloca questi ultimi nella sequenza: sicurezza, senso di appartenenza, autostima ed infine, – spiega l’esperta – all’apice, autorealizzazione, che attiene, soprattutto, ad una vita sociale e affettiva ricca di relazioni umane significative”.

SE I GIOVANI TORNANO PER FAR “CRESCERE” IL PAESE “Il 9 febbraio 2023 l’Istat ha pubblicato il Report relativo a Migrazioni interne e internazionali della popolazione residente anno 2021, sottotitolato ‘In ripresa la mobilità interna e le migrazioni dall’estero, in calo gli espatri’. Da un’attenta analisi, abbiamo potuto conoscere i valori percentuali di questi veri e propri fenomeni sociali, ancora in nuce, che giudichiamo positivamente. Non solo: i dati provvisori relativi al periodo gennaio-ottobre 2022, paragonati ai corrispondenti del 2021, evidenziano un ulteriore incremento dei flussi migratori in rientro dall’estero (+ 13%) e, soprattutto, una forte riduzione (- 20%) dei flussi in uscita dall’Italia” sottolinea Coramusi che ricorda che sono “giovani, formati nei nostri Istituti di Istruzione Superiore e nelle nostre valenti Università, che decidono, autonomamente, di restare o, se emigrati per motivi di lavoro, di rientrare in Italia, destinati tutti a partecipare attivamente alla vita produttiva e alla crescita del nostro Paese”. Per la sociologa si torna nel Paese da cui si era partiti per “una serie di variabili intervenienti e inaspettate che contribuiscono a far ripercorrere la via del ritorno. Penso alla pandemia Covid19, che ha reso fonte di pericolo l’intero pianeta e sottratto gradi di sicurezza, di bisogno di conforto e di ricevere cura a giovani lontani dal proprio paese, dalla casa, dagli affetti familiari. Anche la Brexit, fino all’ultimo incerta, ha fatto comprendere a molti giovani, emigrati per lavoro o studio, di vivere in un Paese altro, con frontiere e regole diverse, dove non sentirsi più a casa”. “Come descritto in letteratura o cantato in tutte le lingue del mondo, – conclude l’esperta  – è la nostalgia a riaccendere il desiderio del proprio Paese, della casa, della famiglia, degli amici. Un desiderio talmente forte che costringe ad abbandonare la nuova vita e le relazioni umane allacciate, per riprendere la via del ritorno. Forse la risposta sta proprio nella parola nostalgia, la cui etimologia, dal greco classico, la lingua di Omero, possiede un significato enigmatico: nostos (ritorno a casa) e algia (dolore)… il dolore del ritorno. Perché, forse, ci vuole più coraggio a tornare”.

(© 9Colonne)

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