Sud, mercato del lavoro fragile: riformarlo è una priorità per il paese

La questione del lavoro è prioritaria per garantire la crescita del paese dopo due anni di pandemia: l’Italia già prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria si caratterizzava per un mercato del lavoro poco dinamico e precario, con un’alta presenza di “working poor” e un alto tasso di disoccupazione rispetto ai paesi europei. Secondo Svimez dei 3 milioni di lavoratori poveri italiani, quasi 2 milioni si trovano al Sud.


In base ai dati Eurostat, nelle regioni del Mezzogiorno – Sardegna e Sicilia escluse – nel 2021 erano 501 mila i disoccupati di lunga durata, ossia quelli in cerca di lavoro da più di un anno. La cifra supera i 497 mila disoccupati dell’intera Germania. Il tasso di variazione degli occupati tra il 1995 e il 2019 è cresciuto del 4,1%, la media nazionale è dl 16,4%. Sempre secondo l’Eurostat, nella fascia di età tra 20-34 anni, l’Italia è il Paese con il più alto numero di NEET dell’Unione europea, il 27,8% contro una media Ue del 16,4%.

La situazione è peggiorata dopo il 2020 il Sud è ancora più indebolito sotto il profilo occupazionale come si legge nel dossier ‘Il lavoro nel Mezzogiorno tra pandemia e fragilità strutturali’ della Fondazione studi consulenti del lavoro.

Le donne e i giovani i più penalizzati secondo uno studio Confcommercio. Nelle regioni del Mezzogiorno scende al 33% la percentuale delle donne che lavorano tra i 15 e i 64 anni. Nel resto della penisola il dato è del 59,2%, in Europa del 63%. È allarme occupazione femminile al Sud, dove alle donne, spesso, lavorare non conviene: le condizioni e delle prospettive di vita e lavoro del Mezzogiorno non incoraggiano le donne a entrare nel mercato del lavoro e riducono la loro scelta di diventare mamme a causa della mancanza di posti negli asili nido.

Negli ultimi 25 anni a causa dello spopolamento soprattutto giovanile (-1.6 milioni i ragazzi scappati altrove) vi è stato un significativo calo del Pil del Sud e si sono ampliati i gap con il resto del paese. Tra il 1995 e il 2020 il peso della ricchezza prodotta dal Mezzogiorno è passato dal 24% al 22% e il Pil pro capite è stato sempre la metà di quello del Nord.

La rivista Economica del Mezzogiorno di Svimez 4/2021, appena pubblicata, fotografa e analizza le problematiche maggiori che affliggono il mercato del lavoro meridionale, caratterizzato da tassi di occupazione molto più bassi e da forti divari di genere. “Ed è dunque soprattutto per il Mezzogiorno – si legge nella presentazione della rivista – che assume massima rilevanza l’obiettivo di un forte rilancio delle politiche del lavoro.

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