Le mafie cambiano con l’utilizzo dei social: alla Luiss il convegno di Fondazione Magna Grecia

I social come strumento per creare consenso, la responsabilità di media, istituzioni e giustizia nei confronti delle mafie, ma anche i nuovi mezzi di comunicazione come terreno investigativo primario: ecco il fil rouge dell’evento ‘Le mafie ai tempi dei social‘, organizzato dalla Fondazione Magna Grecia, in partnership con il Gruppo Pubbliemme, Diemmecom, LaC Network, ViaCondotti21 e l’Università Luiss Guido Carli.

L’iniziativa, svoltasi il 26 e il 27 maggio, ha rappresentato l’occasione per presentare la Scuola di Alta Formazione Magna Grecia che partirà il prossimo autunno.

Cos’è la scuola di Alta Formazione Magna Grecia

L’idea del corso deriva dalla sinergia tra Antonio Nicaso, docente della Queen’s University in Canada e tra i massimi esperti internazionale di criminalità organizzata, Francesco Mantovani, docente e Vice direttore del Dipartimento di Impresa e Management della Luiss, e il Presidente della Fondazione Magna Grecia Nino Foti. La Scuola di Alta Formazione sarà un luogo di discussione e di confronto, di formazione politica ed etica delle professioni che proporrà, avvalendosi delle analisi di studiosi e di esperti di settore, percorsi educativi e iniziative di formazione, in grado di rafforzare le competenze professionali e di fornire le chiavi di lettura del presente, generando consapevolezza e stimolando l’impegno etico nelle relazioni e nelle professioni, la base essenziale del “civismo”.

L’evento di presentazione: la diretta negli studi Tv di ViaCondotti21 e il convegno alla Luiss

Se nella prima giornata dell’evento si sono confrontati sul tema, in diretta negli studi televisivi di ViaCondotti21, docenti esperti di mafie e giornalisti – qui il link ai contenuti della giornata -, il giorno seguente il dibattito ha interessato le Forze dell’ordine e le Istituzioni che, in diretta dall’Università Luiss Guido Carli di Roma, di fronte ad un’ampia platea di professionisti, hanno raccontato il grande impegno quotidiano in prima linea dello Stato sul contrasto alla criminalità organizzata spiegando come le mafie si stiano continuamente evolvendo anche attraverso i social network.

Dopo l’introduzione di Alessandro Russo, Direttore editoriale di LaCNetwork, e i saluti istituzionali di Massimo Angelini – External Affairs, Corporate & Partnership Director alla Luiss -, la giornalista RaiPlay Diletta Parlangeli ha moderato la prima sessione del dibattito, dove esponenti delle forze armate hanno raccontato delle mafie e delle attività di contrasto alle attività criminali grazie ai social.

i social: strumento per creare consenso e terreno investigativo per le forze armate

Il Generale Pasquale Angelosanto, Comandante dei Carabinieri del ROS, è stato il primo a intervenire nel dibattito, spiegando come il linguaggio dei social sia entrato a far parte degli strumenti delle mafie e raccontando proprio di come alcuni esponenti di un importante clan della camorra siano stati catturati grazie alle loro attività su Facebook. A tal proposito ha spiegato di come, tra le mafie italiane, proprio la Camorra sia la più incline a mostrarsi sui social“È costruzione del consenso – ha detto – un modo per costruirsi un’immagine vicina alla gente”.

Il Generale ha quindi ceduto la parola ad Alessandro Barbera, Comandante Scico della Guardia di Finanza, che ha parlato delle trasformazioni delle mafie negli ultimi anni: Le mafie hanno cambiato volto e si sono mimetizzate, sono silenti e opache – ha dichiarato – ma guai a pensare che siano sparite. Ci sono. E noi lo dobbiamo gridare forte”. In un’intervista a margine dell’evento, Barbera ha aggiunto che “La Guardia di Finanza è chiamata a fronteggiare queste nuove dinamiche per contrastare le diverse azioni criminali che tendono a insinuarsi nell’economia legale. Si tratta, quindi, di una vera e propria lotta in difesa della legalità, che ha come finalità ultima quella di rilevare i patrimoni illecitamente prodotti da queste organizzazioni criminali per sequestrarli. In questo contesto anche il monitoraggio dell’attività social costituisce uno strumento importante”.

Del lavoro sui territori e di quello che può essere fatto anche grazie al monitoraggio dei Social network ha parlato il Prefetto Francesco Messina, Direttore Anticrimine della Polizia di Stato: “La mafia oggi è stata indebolita dai processi e dalla cattura dei grandi latitanti, ma esistono importanti differenze fra le diverse mafie. La ‘ndrangheta, ad esempio, è l’organizzazione più potente, più impermeabile, quello che Cosa Nostra era 30 anni fa. È potentissima. La Camorra invece è magmatica, non ha vertice, è più complicato sconfiggerla”. Qual è la soluzione per Messina? Attaccare i patrimoni. “Se togli i soldi alle mafie non pagano più gli avvocati, non pagano più gli stipendi. Bisogna colpire i soldi”.

I relatori della prima sessione: da destra, Antonio Nicaso, Alessandro Barbera, Francesco Messina, la giornalista Diletta Parlangeli, Pasquale Angelosanto e Marcello Ravveduto

la voce degli accademici: la parola a Nicaso e Ravveduto

A seguire è intervenuto quindi Antonio Nicaso, docente della Queen’s University e storico delle mafie, che nella sua prolifica produzione letteraria ha spesso affrontato il tema dell’immagine, della narrazione e della comunicazione dei mafiosi: “Parlare di mafia vuol dire parlare di comunicazione, di digitale, di criptovalute. Non si può considerare il mondo digitale come qualcosa di estraneo al concetto di mafia perché, proprio attraverso i social network, oggi le organizzazioni criminali mandano messaggi e costruiscono consenso. Le mafie vanno viste come fenomeni della modernità e quindi capirle significa analizzarle al di là dei pregiudizi e dei luoghi comuni”

Sull’importanza del linguaggio dei social si è soffermato anche Marcello Ravveduto, docente dell’Università degli Studi di Salerno: “I social sono un elemento fondamentale nella comunicazione e nella autorappresentazione del modo in cui le mafie sono passate dalla civiltà industriale a quella digitale. Gli appartenenti alle organizzazioni mafiose sono diventati una ‘google generation criminale’. Non esiste il mafioso che utilizza i social, ma esiste l’utente che appartiene alle dinamiche del mondo mafioso e crea contenuti per Instagram, Youtube e TikTok”.

il Procuratore di Catanzaro Gratteri e il Presidente Foti tra i protagonisti della seconda sessione

La seconda parte della sessione, moderata dal Direttore strategico di LaCnetwork Paola Bottero, ha visto protagonisti il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e, per le conclusioni, il Presidente della Fondazione Magna Grecia Nino Foti.

Un intervento appassionato, quello del Procuratore Gratteri, nel corso del quale è stato affrontato il tema dell’evoluzione delle mafie, della ricerca del consenso e delle responsabilità della classe dirigente“Le mafie oggi sono mimetizzate nel tessuto sociale ed economico – ha spiegato il Procuratore – ma non esisterebbe la mafia senza la relazione con le classi dirigenti, sarebbe criminalità comune. La mafia ha bisogno del territorio e del consenso popolare, il boss ha bisogno di pubblicità, è un imprenditore. Così facendo la ‘ndrangheta si è presa la Calabria e un quarto di Milano. Certe cose bisogna dirle perché il silenzio è complicità. Da oltre trent’anni – ha aggiunto – io mi sono creato una vita da recluso, ma sono libero di dire quello che penso“.

l’annuncio del Presidente Foti: presto il Rapporto su mafie e social

Le conclusioni sono state affidate al Presidente Nino Foti che ha sintetizzato il senso della due giorni: “La Fondazione oggi ha voluto approfondire sia sul piano accademico, sia sul piano giornalistico e speriamo un domani anche sul piano operativo le conseguenze fortemente dannose legate alle dinamiche di una mafia che cambia aspetto insieme alla collettività e acquisisce nuove forme, nuovi linguaggi e nuovi mezzi di comunicazione. In questo contesto Fondazione Magna Grecia vuole dare un ulteriore contributo, iniziando a breve a lavorare al primo Rapporto su mafie e social e che sarà presentato a gennaio.

Da destra: Antonio Nicaso, Paola Bottero, Nicola Gratteri e Nino Foti

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