Secondo i dati Istat, nel 2020, il nostro paese ha registrato il più alto tasso di povertà assoluta dal 2005. La percentuale di famiglie che si trovano in condizione di povertà assoluta nel Mezzogiorno è del 9,4%. Al Nord il dato scende al 7,6% e al Centro al 5,4%. Nel 2021 le famiglie in povertà assoluta in Italia sono il 7,5% (7,7% nel 2020) per un numero di individui pari a circa 5,6 milioni (9,4%, come lo scorso anno), confermando sostanzialmente le stime del 2020. Nel Mezzogiorno, dove le persone povere sono 195mila in più rispetto al 2020, si confermano le incidenze di povertà più elevate: il 12,1% per gli individui (in crescita dall’11,1%), il 10,0% per le famiglie. Al Nord si registra invece un miglioramento a livello sia familiare (da 7,6% del 2020 a 6,7% del 2021) sia individuale (da 9,3% a 8,2%).
povertà assoluta e povertà relativa
Ma che cos’è la povertà assoluta? Il concetto rimanda alla nozione di sopravvivenza o di raggiungimento di un livello di vita ritenuto minimamente accettabile e non è una questione relativa solo al reddito, ma riguarda anche la sfera della partecipazione e dell’inclusione nella vita economica e sociale del paese. Nel 2020, secondo l’Istat sono oltre 2 milioni di famiglie e 5,6 milioni gli individui che versano in condizioni di povertà assoluta, e oltre 1,3 milioni i minori interessati, con una maggiore incidenza al Sud (14,5% contro il 9,5% del Centro). La povertà relativa è un concetto diverso, e consiste nell’impossibilità di fruire di beni o servizi in rapporto al reddito pro capite medio di un determinato Paese o una determinata area. Chi si trova in povertà relativa, quindi, potrebbe comunque avere il minimo necessario per la sopravvivenza ma non usufruire di tutte le possibilità e i servizi disponibili nella zona in cui vive.
L’Italia è tra i paesi dell’Unione europea con il maggior numero di persone a rischio povertà ed esclusione sociale. Nel 2018, i paesi in cui il fenomeno è stato più acuto erano Bulgaria, (32,8 %), Romania (32,5%), Grecia (31,8%), Lettonia (28,4%), Lituania (28,3 %), Italia (27,3%) e Spagna (26,1 %). All’estremità opposta della scala, Repubblica Ceca (12,2%), in Slovenia (16,2%) in Finlandia (16,5%), nei Paesi Bassi (16,7%), in Danimarca e in Francia (entrambe 17,4%).
Campania, Sicilia e Calabria le regioni con le percentuali più alte di persone a rischio esclusione sociale
Tra le regioni italiane, la Campania è quella con la percentuale più elevata di popolazione residente a rischio esclusione sociale (49,7%). Seguono la Sicilia, con il 48% e la Calabria, con il 39,8%. Nello specifico, l’indicatore rimanda alla condizione di povertà relativa, di deprivazione materiale (che causa l’incapacità di soddisfare bisogni essenziali per una vita dignitosa) e alla bassa intensità lavorativa. Le aree con le percentuali minori sono la provincia autonoma di Bolzano (11,5%), il Veneto (11,1%) e la Valle d’Aosta (8,1%). Si conferma il disagio per i più giovani (27,7% a rischio povertà). Per le donne il rischio di povertà è più alto che per gli uomini con il 26,6% nel 2019 (in calo dal 28,4% del 2018) a fronte del 24,5% per gli uomini (dal 26,1% del 2018).
i nuovi poveri del post Covid
Il Rapporto di Caritas Italiana 2021 su povertà ed esclusione sociale in Italia restituisce l’immagine di un paese estremamente colpito dai gravi effetti economici e sociali dell’attuale emergenza sanitaria. Nel 2020, la Caritas ha sostenuto più di 1,9 milioni di persone, di cui il 44% sono “nuovi poveri”, persone che si sono rivolte al circuito Caritas per la prima volta per effetto della pandemia. Tra le regioni con più alta incidenza di “nuovi poveri” ci sono la Valle d’Aosta (61,1%), la Campania (57,0), il Lazio (52,9), la Sardegna (51,5%) e il Trentino Alto Adige (50,8%).
Nel Mezzogiorno è più alta l’esclusione sociale tra gli studenti
Sul fronte educativo i due anni di DAD consecutivi hanno inciso profondamente sull’esclusione sociale degli alunni. In base rapporto Caritas, in Italia il 78% delle scuole italiane ha garantito le video-lezioni, con frequenze più elevate per gli istituti del Nord. Nel Mezzogiorno si registrano performance più basse della media (76%), con i valori minimi in Molise (69%) e Campania (71%). Complessivamente gli studenti che non hanno partecipato alle video-lezioni risultano quasi 600 mila, pari all’8% degli iscritti, con un minimo di esclusi nelle regioni del Centro (5%) e valori più elevati (9%) nel Mezzogiorno. Uno dei fattori che ha limitato la partecipazione degli studenti è la scarsità di dotazioni tecnologiche adeguate. Tra aprile e giugno 2020, circa 430 mila ragazzi hanno fatto richiesta di dispositivi informatici (il 6% degli studenti). La quota di richieste è sensibilmente più alta nelle regioni del Mezzogiorno, con livelli quasi doppi, rispetto al dato nazionale, in Basilicata e in Calabria (rispettivamente 15% e 11%). In media il 14% delle richieste non è stato soddisfatto.
le azioni dei Comuni per contrastare il fenomeno dell’esclusione sociale
In base al principio di sussidiarietà verticale, sono i Comuni l’ente più vicino al cittadino, e quindi in quanto enti di prossimità, al fine di prevenire le situazioni di esclusione sociale, sono gli enti incaricati ad intraprendere le azioni per il sostegno diretto dei più fragili. Nelle voci del bilancio comunali, ce ne è una legata agli interventi per le persone più deboli: si tratta degli indigenti, degli individui con un reddito basso, dei migranti, ex detenuti e soggetti con dipendenze. In questa parte del bilancio rientrano le spese per vitto, alloggio e indennità di denaro per assistere le persone in difficoltà, oltre che le uscite dedicate alla gestione delle strutture e dei servizi dedicati alla riabilitazione e all’inclusione di chi è a rischio di marginalizzazione. Bologna è la città che negli ultimi due anni, come rileva Openpolis, ha speso di più per gli interventi contro l’esclusione sociale.
Dal Pnrr 11,7 mld per inclusione e coesione
Nel documento del Pnrr si afferma che tra le priorità per l’Italia c’è quella di intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. La mission 5 è dedicata alla coesione e all’inclusione. Le risorse per infrastrutture sociali, famiglie, terzo settore e comunità sono 11,7 miliardi. Di questi, si prevedono intervento per servizi sociali, disabilità e marginalità sociale, housing e rigenerazione urbana nonché per lo sport, considerando la sua funzione di inclusione e integrazione sociale. Il 40% di queste, al Sud, sempre che venga rispettato la tanto contestata quota Sud.