Al Sud i giovani sono motore di un cambiamento dove i fertilizzanti sono gli incentivi economici e i germogli le nuove imprese e le startup che crescono a ritmo sostenuto. Grazie a contributi e bandi rivolti ai più giovani, le regioni del Mezzogiorno sono diventate un piccolo vivaio di imprenditorialità, dove protagonisti sono i Millennials. I dati mostrano una vivacità imprenditoriale che non ci si aspetta da un Sud abituato ad essere fanalino di coda nelle classifiche nazionali. Dal rapporto del Centro Studi Srm del Gruppo Intesa Sanpaolo “Panorama economico di mezz’estate del Mezzogiorno” si legge che il numero delle imprese aumenta in tutto il paese, con un +1,8% rispetto al 2020, ma è il Mezzogiorno la zona con il maggior fermento imprenditoriale giovanile (10%, in Italia 8,4%). Per Paolo Scudieri, Presidente di Srm,” i dati dimostrano che esiste un Mezzogiorno che nonostante tutto riesce ad essere competitivo”.
gli incentivi Invitalia: un grande carburante per il Mezzogiorno
Negli ultimi anni le regioni del Sud sono state destinatarie di molte agevolazioni e contributi. Primo fra tutti, Resto al Sud l’incentivo Invitalia da 1,25 miliardi attivo dal 2017 e rivolto ai meridionali under 56, che sostiene la nascita e lo sviluppo di imprese e attività libero professionali. Dalla sua nascita sono stati ottimi i risultati raggiunti: al 15 gennaio 2018 sono state 789 le domande approvate in 110 giorni lavorativi, gli investimenti totali superavano i 52 milioni e l’occupazione prevista ammontava a +3000 posti di lavoro. E alla vigilia del 2022 i dati sorprendono: 10.397 le imprese finanziate e 38mila i posti di lavoro creati.
E ai giovani imprenditori di tutta la penisola ci ha pensato Smart&Start, l’incentivo Invitalia che promuove la nascita e la crescita di startup innovative ad alto contenuto tecnologico. La prima edizione del 2013 era dedicata alle sole regioni del Mezzogiorno, ma dal 2015 gli incentivi sono stati estesi all’intero territorio nazionale. Sulla base degli ultimi risultati, Smart&Start nel 2021 ha finanziato oltre 120 startup con 74milioni di investimenti creando 800 posti di lavoro. Un buon risultato ma non distribuito equamente sul territorio: i 2/3 dei finanziamenti sono andati alle piccole imprese del Centro Nord. È la Lombardia il timone nazionale, con il 26% di business plan approvati. Tuttavia, Campania e Sicilia sono sul podio, con il 13% e il 10% di progetti finanziati.
Ma quante sono le startup nate nel 2021? Stando al report del Mise realizzato insieme a Unioncamere e Infocamere, ad ottobre 2021 risultano oltre 14mila le startup iscritte al registro: un aumento del 3,3% rispetto al trimestre precedente. La Lombardia si conferma la regione al primo posto – solo Milano ha il 18,8% di nuove startup. Lazio e Campania occupano il secondo e il terzo posto. Le piccole imprese innovative a prevalenza giovanile (under 35) sono 2.600, il 18,5% del totale.
ma cosa manca al Sud? un pizzico di innovazione
A ridimensionare la lettura piuttosto positiva del quadro, c’è un dato: la dose di “innovazione” delle nuove imprese del Mezzogiorno. Il report di Impresa San Paolo rileva infatti che nei processi innovativi il Sud si colloca nella fascia medio bassa dei “Moderate” del Regional Innovation Scoreboard europeo, anche se si intravedono segnali positivi come la diffusione di Pmi innovative (418, +77% nell’ultimo biennio, Italia +73%) e startup innovative (3.378, +33,5% nell’ultimo biennio, Italia +30,9%). A ciò si aggiunge lo scarso punteggio alla digitalizzazione: l’87% delle imprese del Sud con almeno 10 addetti nel 2020 aveva un basso livello di adozione dell’Ict. Poco male in realtà, considerando che il Nord, da sempre cuore pulsante dell’innovazione nel paese, la percentuale è dell’82%.
disoccupazione ancora troppo alta per parlare di inversione di tendenza
I dati nel complesso sono positivi e ne esce un Sud che sorprende. Peccato che debba fare i conti con l’atavico problema della disoccupazione giovanile. Abbiamo confrontato le fotografie del Check-up Mezzogiorno del 2019, 2020 e 2021.
Il rapporto è realizzato da Confindustria e dal Centro studi Srm. Secondo lo studio del 2019, i disoccupati nel Meridione erano 1,5 milioni, il tasso di attività era del 54%, e quello di occupazione del 43,4%. La disoccupazione giovanile al Sud sfiorava il 52%. Una cifra record: in pratica non lavorava un ragazzo su due. I Neet – ragazzi non inclusi in percorsi di studio e di lavoro- nel 2019 erano 1,2 milioni. L’emergenza lavoro per i giovani non accennava a ridursi.
Lo studio riferito al 2020 raccoglie i risultati devastanti della pandemia: nel Mezzogiorno tutti gli indicatori registrano una notevole contrazione (PIL, investimenti, export e occupazione), salvo le imprese attive, in moderata crescita. A spaventare è soprattutto il trend dell’occupazione: la ripresa produttiva del terzo trimestre 2020 non ha compensato il calo rispetto allo stesso periodo del 2019, diffuso in tutt’Italia ma particolarmente significativo al Sud (-2,2%, ossia 135 mila occupati in meno), con variazioni negative maggiori in Calabria (-7,8%) e Sardegna (-7,5%).
Tra riaperture e vaccini, il quadro del 2021 è ovviamente in ripresa: lo stesso report relativo al 2021 rileva una forte ripresa anche se è ampio il divario con il Centro Nord. Tutti i dati evidenziano un maggiore dinamismo imprenditoriale nel Mezzogiorno, con più nuove imprese attive che aumentano di più nel Mezzogiorno che nel resto della Penisola. La fotografia è quella di un Sud che ha resistito all’impatto socioeconomico della pandemia, ma è ancora tanto il cammino per recuperare il gap con il Nord. Tuttavia, secondo Confindustria ci sono tuttavia tutte le premesse per sfruttare al meglio il treno del PNRR.
obiettivo Pil +24% al 2026: il Sud riuscirà a realizzarlo?
Il Ministero per il Sud e la Coesione territoriale prevede che, con i fondi del Pnrr, il Pil del Mezzogiorno crescerà nel quinquennio 2021-2026 del 24% circa rispetto al valore assoluto del 2020. Alle regioni del Meridione spettano 82 miliardi ed è il 40% la percentuale da destinare al Mezzogiorno nelle sei mission del Pnrr. Se le stime ottimistiche del Ministero di Mara Carfagna si realizzassero, sicuramente ci sarebbe una riduzione del gap rispetto al Nord del Paese. Il tutto dipende dall’effettivo e completo utilizzo delle ingenti risorse Ue in arrivo.