La locomotiva Gratteri continua a correre a tutta velocità

“Faccio il mio lavoro e mi piace dire la mia”. In effetti, sul doppio binario del fare e del dire la locomotiva Nicola Gratteri corre da sempre a tutta velocità. E peggio per chi, sul lavoro, non sta al passo (“I miei collaboratori sanno di dover cominciare a correre prima che io abbia terminato la frase”) o per chi, tra le istituzioni, si aspetta toni meno bruschi e più formali: “Io batto i pugni. Le mediazioni sono sempre accordi al ribasso”. Anche da piazza San Rocco a Scilla, dove venerdì scorso è stato ospite di SUDeFUTURI, il procuratore capo di Catanzaro, intervistato davanti a una piazza gremita dalla giornalista Paola Bottero, ha confermato i toni accesi, e i temi scottanti, di un’estate “battagliera”. Mentre dai primi di agosto è in pausa estiva il maxi-processo “Rinascita-Scott” – con i suoi numeri mastodontici (325 imputati e oltre 400 capi d’imputazione contro la ‘ndrangheta del Vibonese) e un’aula-bunker messa in piedi appositamente a Lamezia Terme – non si è fermato, invece, il magistrato nato a Gerace: “In questo periodo non ci riesco a stare zitto. Ma quando leggo e vedo certe cose come posso tacere?”. E infatti, complice anche il fitto calendario di incontri per promuovere il saggio “Non chiamateli eroi”, (ultimo frutto della consolidata collaborazione con lo studioso Antonio Nicaso), Gratteri si è sfogato più volte negli ultimi tempi davanti a telecamere e platee affollate.

A suscitare il “disappunto” (più realisticamente, la furia) del procuratore sono gli attuali progetti di riforma della giustizia, resi urgenti dagli accordi con la Commissione europea per accreditare all’Italia i fondi del Pnrr (l’impegno assunto dal governo Draghi è di ridurre in 5 anni del 40% i tempi del processo civile e del 25% quelli del processo penale, avvicinando i tempi italiani alla media europea). Per Gratteri, però, “è umiliante sentire dal presidente del Consiglio che dobbiamo fare la riforma della Giustizia perché altrimenti non avremo i soldi dall’Europa”. Se il metodo è sbagliato, non va certo meglio con il merito. A un passo dal diventare nel 2014 ministro della Giustizia (la proposta di Renzi, secondo quanto rivelato anni dopo dallo stesso Gratteri, sarebbe stata stoppata dall’allora presidente Napolitano), la riforma del sistema giudiziario è, in effetti, un pensiero fisso del procuratore che indica da sempre nella riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie e nella depenalizzazione dei reati minori gli ingredienti della sua ricetta.

Bocciato su tutta la linea, invece, l’attuale progetto del ministro Cartabia. Sul metaforico banco degli imputati il magistrato calabrese trascina soprattutto l’“improcedibilità”, un meccanismo che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe garantire la ragionevole durata del processo “promessa” dalla Costituzione italiana. “Secondo questa riforma, se la condanna in Appello non arriva entro due anni, e in Cassazione entro uno, scatta l’improcedibilità. Io non lo capisco e non lo posso accettare”, ha contestato Gratteri rispondendo a Paola Bottero. “E non basta aver corretto il tiro, dopo la mia protesta a muso duro, dando la priorità ai processi di mafia e a quelli sui reati sessuali. – ha aggiunto – Mi chiedo che ne sarà dei processi per reati contro la pubblica amministrazione o per i reati ambientali. Semplice: non ci saranno mai colpevoli e nessuno pagherà”. Un legislatore distratto? Un legislatore incapace? Niente affatto. “A Roma c’è gente molto preparata”, concede. E allora? “Semplice: mancanza di volontà perché il potere non vuole essere controllato”. Come se non bastasse, Gratteri preannuncia sibillino dal palco altre nubi all’orizzonte: “Stanno lavorando a modifiche che riguarderanno le carceri”. No comment sui contenuti, ma davanti alla nutrita platea di Scilla non ha saputo resistere al piacere della boutade: “Forse non ci sarà più il problema del sovraffollamento”. Risate.  

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