Covid mala-Economy: se le variazioni societarie rivelano il virus mafioso

Esiste una Covid-Economy che definisce la filiera produttiva legata alla pandemia, ma c’è anche una Covid mala-Economy: le organizzazioni mafiose approfittano delle difficoltà dei settori economici maggiormente colpiti dalle chiusure per attaccare e fagocitare le imprese sane. L’Organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazioni nell’economia da parte delle mafie del ministero dell’Interno, nel suo quinto Report periodico, si concentra sulle variazioni societarie da marzo 2020 a febbraio 2021. La criminalità organizzata attacca le compagini societarie in difficoltà esattamente come fa un virus: si innesta nel corpo sano attraverso dei prestanome, lo usa fin che serve, poi lo distrugge. Le variazioni negli assetti societari sono potenziali segnali che qualcosa non va e per questo l’Organismo permanente del ministero dell’Interno le mette a confronto con quelle dell’anno precedente, con un’attenzione particolare alle aziende raggiunte da interdittiva antimafia e ai settori ristorazione e alberghiero, tra i più colpiti dal lockdown.

le variazioni societarie

Le variazioni societarie per regione nel periodo marzo 2020 / febbraio 2021

Il Report si concentra sulle variazioni societarie che pesano di più sull’azienda intervenute nel periodo della pandemia: il turn-over di cariche, il turn-over di partecipazioni, i trasferimenti di quote, i trasferimenti di aziende, i trasferimenti di sede, le variazioni di natura giuridica e/o del capitale sociale, registrati in Italia da marzo 2020 a febbraio 2021. Tra i maggiori indicatori di criticità ci sono la presenza di persone con precedenti di polizia o con profili del tutto inadeguati al ruolo assunto. Dalla comparazione delle variazioni tra il periodo in esame e l’anno precedente emerge una leggera flessione nel periodo Covid (marzo 2019 / febbraio 2020: 1.317.680 variazioni totali; marzo 2020 / febbraio 2021: 1.234.618 variazioni totali) pari al -6,30%, «riconducibile, verosimilmente, alla repentina stagnazione economica forzata dai ripetuti lockdown locali e/o nazionali e dall’incertezza dei tempi di riapertura delle attività economiche non considerate essenziali». Ma a fronte di questo trend, il Report mostra un incremento del 7% delle segnalazioni per operazioni sospette nel 2020 rispetto al 2019 e un aumento del 9,7% del numero delle società colpite da interdittive antimafia nel periodo Covid rispetto all’anno precedente.

le regioni e i settori maggiormente interessati

I settori più interessati dalle variazioni societarie sono rappresentati dal settore immobiliare e da quello del commercio all’ingrosso. Le regioni dove si è registrato, in valore assoluto, il numero maggiore delle variazioni societarie sono la Lombardia, il Lazio, il Veneto, la Campania e l’Emilia-Romagna in entrambi i periodi. L’approfondimento del Report e l’analisi dei dati relativi alle società colpite da interdittiva antimafia nei due periodi hanno restituito valori in aumento nel periodo Covid, sia del numero di società interdette (+9,7%) sia del numero delle società interdette che hanno registrato variazioni societarie (+47%). Con riguardo alle matrici criminali delle società interdette, il Report evidenzia come sia la ‘ndrangheta a esprimere il valore più alto.

«Tale evidenza – spiega il Report – conferma come le variazioni societarie costituiscano uno strumento di cui le organizzazioni criminali spesso si avvalgono al fine di inquinare il tessuto economico produttivo, mentre l’aumento dei provvedimenti interdittivi è il segnale positivo di un sistema che possiede gli anticorpi per intercettare gli indizi di anomalia e bloccare per tempo l’operatività delle società infiltrate».

Nelle società colpite da interdittiva il settore maggiormente interessato è rappresentato dalle costruzioni. Le percentuali più alte di variazioni societarie sono state registrate in Calabria, Sicilia e Campania, con una flessione per la Lombardia nel periodo Covid e con l’ingresso del Piemonte e della Puglia al posto dell’Emilia Romagna.

il focus su ristorazione a alberghiero

Il Report dell’Organismo permanente di monitoraggio si è concentrato, attraverso un’estrapolazione dei dati, su quattro province campione: Reggio Emilia, Latina, Cosenza e Trapani, nel periodo 1 ottobre 2020 / 31 marzo 2021 riferite ai soli codici Ateco “ristorazione” e “alloggio” con l’obiettivo di realizzare un’analisi ancor più mirata rispetto a settori particolarmente a rischio. Sotto la lente d’ingrandimento le variazioni societarie (978 per le quattro province) e i soggetti coinvolti (2591 persone). Per restringere il campo delle criticità il Report ha usato come “filtro” l’eventuale coinvolgimento in reati fiscali, tributari e nei cosiddetti reati spia, cioè sintomatici di fattispecie che riflettono in sé il pericolo di infiltrazione mafiosa perché destano maggiore allarme sociale e intorno alle quali abitualmente gravita il mondo della criminalità organizzata di stampo mafioso.

I risultati sono eloquenti: su 2.591 persone coinvolte nelle variazioni societarie nel semestre ottobre 2020 / marzo 2021, i soggetti con criticità dirette o indirette (per contiguità o frequentazioni con persone che presentano precedenti di polizia) sono 644 (il 24,8%). In particolare 193 soggetti (il 7,4% delle 2.591 persone) presentano criticità dirette, mentre 451 (pari al 17,4%) fanno registrare criticità indirette.

Rispetto alle 193 persone con criticità dirette, sono stati considerati il totale dei reati ad essi riconducibili (243) e le percentuali di incidenza delle prime quattro categorie delittuose più ricorrenti (che corrispondenti al 62% del totale dei reati:

  1. reati fiscali e reati finanziari (25%);
  2. associazione finalizzata alla produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope (17%);
  3. truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (14%);
  4. estorsione (6%).

Sempre con riferimento ai 193 soggetti con criticità, il Report analizza anche altri aspetti incentrati su quello che viene considerato un autonomo indicatore di rischio: la “plurititolarità di partecipazione e/o l’assunzione di cariche in più di due imprese presenti in settori caratterizzati da diversi codici Ateco”. L’analisi ha portato ad individuare come il 30% (58 dei 193 soggetti presi in esame) sia titolare di più partecipazioni.

La febbre c’è, bisogna fare attenzione a trovare la cura adeguata.

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