La pandemia e il cinema italiano

Riflessioni sulla rotta di Predrag Metvjevic: “Le frontiere vere del Mediterraneo sono l’ulivo, il mandorlo, il fico, il melograno”


Rivisto oggi Contagion (Soderbergh, 2011). Più che un film di fantascienza sembra incredibilmente un documentario sui tempi che corrono: l’origine della malattia, la diffusione, i sintomi, le morti, la violenza di chi sopravvive, l’arrivo del vaccino e poi forse — ci speriamo — il ritorno a una tanto agognata e presunta normalità. 

Pier Andrea Amato e Alessia Cervini
“Apocalisse e Normalità” – Fata Morgana web

Da tempo non amo il cinema catastrofico. Troppa ansia, non ne ho bisogno. Figurarsi adesso con incubi al mattino presto che turbano l’inconscio e ti avvolgono in trame di paura che durante il giorno devi contenere con lucidità e raziocinio.

Come gente di cinema dobbiamo saper avere la barra dritta. Ne abbiamo avuto immediata consapevolezza con le sale chiuse da settimane, le troupe ferme, i precari licenziati e i listini dei film che ingolferanno l’offerta quando l’incubo sarà finito.
Abbiamo poche certezze: erediteremo un nuovo pianeta e inevitabilmente il cinema e l’audiovisivo ne saranno trasformati.

È pavloviano pensare, in queste ore quarantene fatte di recupero di film e di confronti a distanza web, alla grande lezione del Neorealismo italiano nato anch’esso su un paesaggio catastrofico globale che la guerra aveva disegnato con caparbia feroce anche nelle nostre più sperdute contrade.

LA RIVOLUZIONE TRICOLORE

Il Neorealismo è un ponte obbligatorio per comprendere l’Italia e gli italiani. Si dice che non abbiamo mai fatto una rivoluzione. Non è vero. Quella tra il 1943 e gli anni Cinquanta fu una rivoluzione estetica, civile e morale che ha una bandiera tricolore riconosciuta e apprezzata dal cinema mondiale che ne fa ancora oggi una corrente di riferimento imprescindibile.

Il cinema fascista, ben organizzato industrialmente, fu profondamente trasformato rafforzando l’economia e il successo d’immagine del nostro Paese che diventerà con il Boom una delle nazioni più ricche nel mondo anche se con profonde diseguaglianze sociali e geografiche.
Nulla si può ripetere con un copia e incolla ma lo spirito costruttivo di quel glorioso periodo può essere una fonte di riferimento.

Ne trovo tracce nelle parole del più bravo produttore esecutivo italiano, Enzo Sisti, che grazie ai suoi radicati rapporti con le majors a Los Angeles porta in Italia produzione a tanti zero come l’ultimo 007 girato a Matera e che intervistato da “Cinema&video” fissa con questo fermo immagine la situazione: “Ne usciremo fuori, tutti con un enorme danno economico, ma usciranno fuori anche nuove storie per il cinema: dove c’è più sofferenza nascono le migliori storie”.
L’agire collettivo di diverse organizzazioni e del Governo sta mostrando vitalità a fronteggiare la crisi che si è abbattuta sul settore che in Italia è strategico e anche privo di grandi divari tra Nord e Sud.

Per brevità farò solo un importante esempio di quello che si muove nel panorama odierno. Per appartenenza e ruolo mi riferisco alla realtà delle film commission rimaste nelle trincee dei loro uffici adoperandosi per garantire continuità e sostegno a quanto di buono e utile costruito nell’ultimo decennio per crescita di set e promozione dei diversi territori.
La notizia più importante è quella che vede Italian Film Commission (l’associazione che riunisce tutte le sigle riconosciute dalla Legge cinema) che grazie alla credibilità raggiunta sui mercati di tutto il mondo, è stata scelta dal gigante Netflix per gestire un fondo da un milione di euro rivolto al sostegno alle maestranze, di film o serie tv che per la pandemia hanno perso occasioni di lavoro. Un buon esempio per gli aiuti che Governo, Europa e si spera le Regioni dovrebbero dare al settore.

UN PONTE VERSO L’EST

Ma è tempo anche di proposte e non solo di assistenza.

Alla luce di quanto abbiamo realizzato con il progetto LuCa (che ha utilizzato economie di scala tra Lucania e Calabria dando ottimi risultati come il pluripremiato “A Ciambra” o “Arberia” che ha finalmente raccontato una contaminazione  identitaria che va avanti da secoli) e della bella risposta che è giunta dall’Albania in termini di aiuto durante l’emergenza sanitaria, le regioni meridionali che hanno la presenza di comunità albanofone sui propri territori potrebbero iniziare a costruire una sorta di cantiere cooperativo con l’emergente cinema albanese. Un’esperienza pilota da allargare successivamente con accordi di cooperazione con i paesi del Mediterraneo. 
Ricordandoci della rotta data da Predrag Metvjevic: “Le frontiere vere del Mediterraneo non sono statali, non sono neanche storiche. Le frontiere vere del Mediterraneo sono l’ulivo, il mandorlo, il fico, il melograno”.

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